Ritorno alla musica con Schumann e la viola d’amore
Il pomeriggio uggioso non ha fermato lo spirito sportivo degli italiani e dei gallesi che hanno tifato insieme , vicini, gomito a gomito per tutto il tempo della partita di rugby.
Il silenzio assoluto degli spalti prima degli inni,
bé cantare l’inno é rincuorante.
Battiti di mani, sorrisi , critiche, voci amareggiate dalle mete subite, salti di gioia alle mete conquistate , hanno portato il sole tra la pioggia.
E i raggi più belli hanno colorato i piccoli giocatori del mini -Mantova rugby, un emozione, guardarli così appassionati ed impegnati .
Mi hanno rapito il cuore
e come sempre le lacrime scendono felici e io le lascio fare…non si ferma l emozione
EVENTO N° 210
” SE SON ITALIAN, PERCHE’ ME CIAMO COVACICH? “
Mauro Covacich e il suo Premio Campiello:
” La città interiore”
“La città più meridionale dell’Europa del Nord ” per raccontare la propria vicenda personale
ed accompagnarci lungo le strade di questa splendida città con l’inconfondibile ironia Triestina, diretta, efficace e senza fronzoli.
Dopo tutto, i triestini devono coniugare tre lingue, tedesco, triestino e slavo e nei secoli hanno trovato un parlato essenziale che spesso ti spiazza.
“ Il bambino é diretto al Borgo Teresiano, vicino alla chiesa con la cupola blu, vicino al Canale, vicino alle bancarelle di Ponterosso.
Sa dov’é. A sette anni si muove in città come un migratore lungo le rotte celesti. Non conosce i nomi delle vie, segue riferimenti emotivi, talvolta
geometrici, i c olori delle insegne, le fughe di luce verso la marina, i volumi dei pieni e dei vuoti tra i palazzi, le chiome degli alberi. Ha una bussola
interna, l’infallibile magnetismo di un uccellino cresciuto per strada.”
” Ah ecco. E’ una giornata importante, papà risponde senza reticenze, le piastrelline del mondo si sistemano una ad una nel mio planisfero mentale. Zona A e Zona B, buoni e cattivi, palestinesi e israeliani, indiani e cow boy, noi e i titini.
Sì ma chi xe i titini?
I jugoslavi, i abitanti dela Jugoslavia.
E noi papà, chi semo?
Ah-ah-ah, i italiani, chi semo se no, tandùl “
” I miei pensieri andrebbero espressi tutti in dialetto, evito di farlo solo per non appesantire il testo più del necessario, ma i triestini pensano così, e sarà solo al terzo anno di permanenza fuori città che una mattina, da giovane insegnante di liceo di Pordenone, mi alzerò dal letto sconvolto per aver sognato in italiano. “
Grazie Mauro, mi hai riportato un pò a sentirmi come te…
Chi vive in una città di confine e si abitua a vivere in due modi diversi
e chi vive in una città ed é nata in un’altra e porta dentro di se due modi di essere differenti
ma sempre uno.
Il cielo grigio di oggi mi ricorda le giornate invernali in riva al mare, con il vento tra i capelli
ma, al posto delle onde trovo magnifici monumenti, e le fronde agitate degli alberi secolari.
Entrambi mi donano gioia.
Che sia finalmente armonia interiore?
La fuga per eccellenza,
immense ed interminabili scalinate
in marmo bianco si snodano sopra di me,
salgo impetuosamente,
la cima mi attende,
passione,
curiosità,
sentimento,
amore,
impeto,
forza,
coraggio,
determinazione,
salita
faticosa,
vorticosa,
inebriante,
il bianco ed il nero,
i tasti della vita,
sempre in movimento
a creare melodie stupende,
infinite ed indimenticabili.
Grazie Chopin
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Archi
ad accompagnarti tra boschi incantati,
corse infinite tra le fronde,
i prati verdi e le vallate vellutate di smeraldo,
cavalcate gioiose e felici al sole di primavera,
danze spensierate di cervi e libellule,
scoiattoli e marmotte giocano al chiarore lunare,
e la volpe corre, corre, corre
fino alla sua tana e lì,
lì trova il giusto riposo,
mentre il silenzio cala lento e confortante.
La musica ha il potere di allontanarmi
da me stessa .
Chiudo gli occhi e tutto accade
dentro di me
lontano da me.
Le note di Beethoven corrono
ed io con loro tra boschi verdi,
prati immensi, spiagge infinite,
scale interminabili e rido,
ma non so se sono bambina o donna,
so che sono felice e serena.
Sono leggera e non sento il peso
del corpo e dell’anima,
un velo trasparente sospinto dalla brezza marina
verso l’ogni dove nel tempo del mai.
Ludwig v. Beethoven: Trio op. 38
Obvlion sfiora le corde dell’anima con delicatezza,
gentilezza, pazienza perché sa che arriverà là,
in quel punto,
sì quello lì,
quello dove sorge l’emozione.
Scivola giù
fino in fondo
raccoglie l’acqua delle tue lacrime,
le porta in superficie,
le porta alla luce del giorno
e te le mostra a mani nude.
E tu non puoi far altro che liberarle,
non puoi far altro che togliere le catene,
non puoi far altro che disegnare ali,
ali di libellula per volare lontano.
Questo é il mio Oblivion.
Libertango mi ricorda il tempo che passa,
l’orologio ed il suo assordante ticchettio,
tacchi di donna che corrono nel buio della notte,
gocce di pioggia sui vetri,
volo di gabbiani tra le onde,
il vento forte, inquietante, sferzante,
spade inferocite contro fantasmi inesistenti,
graffi profondi su cristalli interrotti,
un bacio rubato,
un disco incantato ,
lancette che scandiscono il tempo delle nostre vite.
E…tutto questo…rigorosamente dal vivo…
altrimenti…
tutto ciò
non
può accadere…