ABBRACCI (…NON QUELLI DEL MULINO BIANCO …)
Certi abbracci non si scordano mai. I papà sono i migliori dispensatori. Arrivano al momento giusto, proprio quando stai per piangere, al contatto della camicia o del maglione, le lacrime partono e scivolano giù per il dolce pendio delle gote. Quando la calda mano tocca i capelli e stringe leggermente la testa, i singhiozzi prendono la via del non-ritorno. Quando la sua voce calma e suadente ti chiede “ Cosa c’è che non va, piccola?”, il pianto scroscia come cascata nel lago della vostra tristezza. Voi vorreste essere forti, ma non c’è nulla da fare. Cedete impunemente a questo dolce momento e vi lasciate prendere in braccio spudoratamente e continuate a piangere come donzelle indifese. E’ un piacere sublime di fanciulla, un bisogno egoista di rassicurazione. Si piange da bambine, da ragazzine, da donne e da mamme. Il papà ci sarà sempre a consolarvi con la stessa intensità, con la stessa fermezza interiore, con la sicurezza di un pino sempreverde e la delicatezza serena di un glicine in estate. Cercatelo sempre, anche da adulte, correte da lui, abbracciatelo, anche per poco, vi riempirà il cuore e vi solleverà dal dolore. Vi esorto, ve lo chiedo dolcemente, in modo delicato, così come chiedere un piccolo regalo a chi il papà non ce l’ha più.
Se volevi farmi piangere, bé ci sei riuscita.
Grazie per le tue parole.
Lo farò più spesso. A volte si dimentica enon lo si dovrebbe fare.
Ciao.
Anna