DA ” IO NON HO PAURA ” di Niccolò Ammaniti

 

” Mi sembrava di essere a mare.  Lo sentivo.  Solo che era un mare di ferro, un’oceano pigro di bulloni, viti e chiodi che lambiva la riva. Lente onde di ferraglia si rompevano in una pesante risacca che n ecoprivae scopriva i bordi. A quel suono si univano gli ululati e i guaiti disperati di un branco di cani, un coro lugubre e dissonante che non attenuava il fragore del ferro ma lo amplificava.

Ho guardato fuori dalla finestra. Una mietitrebbia avanzava sferragliando sul crinale di una collina bagnata dai raggi della luna. “

 

” I gatti quando catturano le lucertole ci giocano, ci giocano pure se la lucertola é tutta a perta e con le budella di fuori e senza coda – La inseguono calmi, si siedono e la colpiscono e ci si divertono fino a quando la lucertola non muore, e quando é morta,  la toccano appena con la zampina, come se gli facesse schifo, e quella non muove più e allora la guardano e se ne vanno. “

 

 

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DA :  ” LA PIANISTA” di Elfriede Jelinek

 

“….il suo stoppino, più luminoso di mille soli, splende su quella ratta rancida che é il suo sesso…”

” Lei ha affidato a qualcuno le chiavi del suo cuore prezioso, il raffinato ghiacciolo del suo spirito e può riprendersele in qualsiasi momento. “

” Il dolore stesso non é che la conseguenza del desiderio di provare piacere, di distruggere, di annientare e nella sua forma più alta, una forma di piacere . “

” L’ultiimo brandello di giorno si sbriciola come avanzo di torta tra dita maldestre. “

” Klemmer solcherà un gelido paesaggio invernale, dominato dall’intelletto. “

” Erika resta immobile e morta come un ramo marcio e spezzato che finisce miseramente i suoi giorni nell’erba inutile .”

“…ma nel suo animo ferito la tempesta brucia i pascoli ancora grassi.”

” Erika misura il fetido locale a grandi passi come trampoliere, raro nello zoo dei bisogni pù segreti. “

” Gli altri restano ad assistere , spettatori ignari di un’incidente provocato in definitiva dal desiderio, in una delle sue forme più sgradevoli. “

” Erika sente una minacciosa slavina di detriti  accuminati rotolare verso di lei. “

” Erika riemerge oscenamente, il suo volto, il suo rossore malsano, é quello di una creatura che ha trovato il padrone.”

 

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 Lampi nel cielo

Piccole ma intense frasi

a illuminare la via

”  Creatività giorno e notte

come luce tra

le braccia delle tenebre “

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DA: ” IL VELO DIPINTO” – W. SOMERSET MAUGHAM

  Lui la osservava senza un gesto e senza un moto del viso. Ascoltava attentamente e nessun mutamento di espressione indicava che ciò che lei diceva lo toccasse.

” Sai perché ti ho sposato? Perché volevi sposarti prima di tua sorella Doris “.Era vero, ma le fece un’effetto curioso rendersi conto che lui lo sapeva. La mosse a compassione; strano a dirsi, in quel momento di collera e paura, Walter accennò ad un sorriso.

” Su di te non mi facevo illusioni, disse. Sapevo che eri sciocca e frivola ed una testa vuota. Ma ti amavo. Sapevo che i tuoi ideali erano banali e volgari. Ma ti amavo. Sapevo che eri una persona di second’ordine, ma ti amavo. Sapevo come avevi paura dell’intelligenza e cercavo in tutti i modi di farti credere che ero sciocco come gli altri uomini di tua conoscenza. Sapevo che mi avevi sposato solo per convenienza. Non mi importava, ti amavo tanto. Molta gente, a quel che vedo, se é innamorata senza essere ricambiata, pensa di subire un torto. Si arrabbia, prova rancore. Io non ero così. Non ho mai preteso che tu mi amassi, non vedevo motivo perché tu dovevi amarmi, non mi ritenevo molto amabile. Cercavo di non annoiarti con il mio amore, sapevo di non potermelo permettere. Quello che i mariti pretendono come un diritto, io ero disposto a riceverlo come un favore. ” Kitty, abituata da tutta la vita ai complimenti, non si era mai sentita dire cose simili. Un’ira cieca le sorse nel cuore, scacciando la paura e sembrava soffocarla, il sangue le pulsava alle tempie.”

“Le sarebbe stato più facile affrontare la situazione se lui avesse dato in escandescenza. Avrebbe opposto violenza a violenza.  La sua flemma era disumana ed essa ora l’odiò come non l’aveva mai odiato. “

 

 

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 Lampi nel cielo

Piccole ma intense frasi

a illuminare la via

” Ciò che molti non sanno

é che non importa dove vanno

i giorni, ma come e con chi

li trasformi in eterni

e piacevoli ricordi “

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DA ” NEVE” MAXENCE FERMINE:

 

” …e si amarono l’un l’altro sospesi s u un filo di neve.”

” Cos’é l a poesia ? ” domandò il monaco.

” E’ un mistero ineffabile”, rispose il monaco.

Un mattino, il rumore della brocca dell’acqua che si spacca fa germogliare nella testa una goccia di poesia, risveglia l’animo e gli conferisce la sua bellezza. E’ il momento di dire l’indicibile. E’ il momento di viaggiare senza muoversi. E’ il momento di diventare poeti. Non abbellire niente. Non parlare. Guardare e scrivere. Con poche parole. Diciassette sillabe. Un haiku. Un mattino ci si sveglia. E’ il momento di ritirarsi dal mondo, per meglio sbalordirsene.

Un mattino, si prende il tempo per guardarsi vivere.”

 

“Il freddo é acuminato

Bacio un fiore di prugno

In sogno “

Haiku del maestro Soseki

 

” Lì dove viveva Yuko la neve era la poesia dell’inverno “.

La neve secondo Yuko:

” E’ bianca. Dunque é una poesia. Una poesia di una grande purezza.

Congela la natura e la protegge. Dunque é una vernice. La più delicata vernice dell’inverno.

Si trasforma continuamente. Dunque é una calligrafia. Ci sono diecimila modi per scrivere la parola neve.

E’ sdrucciolevole. Dunque é una danza. Sulla neve ogni uomo può credersi funambolo.

Si muta in acqua. Dunque é una musica. In primavera trasforma fiumi e torrenti in sinfonie di note bianche.”

Haiku scritti da Yuko:

” Musica di neve

Grillo d’inverno

Sotto i miei passi “

 

” Neve limpida

Passerella di silenzio

E di bellezza “

 

” Era una funambula e la sua vita seguiva una sola linea .  Retta. “

” In verità, il poeta, il vero poeta, possiede l’arte del funambolo. Scrivere é avanzare parola dopo parola su un filo di bellezza, il filo di una poesia, di un’opera, di una storia adagiata su carta di seta. Scrivere é avanzare passo dopo passo, pagina dopo pagina, sul cammino del libro.

Il diffcile non é elevarsi dal suolo e mantenersi in equilibrio sul filo del linguaggio, aiutato dal bilanciere della penna. Non é neppure andare dritto su una linea continua e talvolta interrotta, da vertigini effimere quanto la cascata di una virgola o l’ostacolo di un punto. No, il difficile, per il poeta, é rimanere costantemente su quel filo che é la scrittura, vivere ogni ora della vita all’altezza del proprio istante, dalla corda dell’immaginazione.

In verità, il difficile é diventare funambolo della parola “

 

” Le stagioni si sgranarono nella clessidra del tempo .  Giunse l’inverno, e con esso le prime nevicate. E con la neve giunse il primo inchiostro della prima poesia sulla carta di seta. Vergando sulla pergamena quelle prime parole, Yuko sentì il cuore farsi più leggero. Ma fu una breve illusione. Solo la poesia rendeva più leggero il peso del suo dolore. Quando posò la penna, sentì il cuore tornare freddo come il ghiaccio. Fu un’inverno lungo, di un candore smagliante.”

” Ci sono due specie di persone.

Ci sono quelli che vivono, giocano e muiono.

E ci sono quelli che si tengono in equilibrio sul crinale della vita.

Ci sono gli attori

E ci sono i funamboli. “

 

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DA: ”  LA RIVOLUZIONE DELLA LUNA ” Andrea Camilleri

Prefazione incantevole di Salvatore Silvano Nigro:

BREVE ESTRATTO: “  Avvolta in una magnanima solitudine, confortata solo dal protomedico di corte con la sua casta corrispondenza di sentimenti pudichi, donna Eleonora era un bellissimo ritaglio di notte: neri aveva i capelli; nerissimi gli occhi, dai quali partivano bagliori neri, quasi lampi che balenando andavano. Dimostrava una freddezza, come di luna. E con il femminile pianeta condivise la durata della sua giusta ” rivoluzione”. La luna compie in quasi ventotto giorni il giro dello Zodiaco….Tra realtà storica e felice invenzione, il romanzo di Camilleri é ad alto tasso di allegrezza e di severo umorismo civile. Ed é anche un’omaggio alla regalità della donna.”

” Voi non vi siete vendicata, disse fermo Don Serafino, voi avete fatto solo giustizia. Tutti Consiglieri erano corrotti, voi li avete fatti punire per la loro corruzione. L’offesa recata al Viceré non é stata che una conseguenza del loro agire e pensare profondamente corrotto. Voi non siete una donna che si vendica, non é nella vostra natura, nella vostra natura c’é solo la giustizia .

Quelle paroli foro come un colpo di vento che si porta via la neglia. Il velo da supra all’occhi della marchisa scomparì di colpo. Donna Eleonora allungò ‘na mano, la posò supra a quella di don Serafino, ce la tenni.

“Gracias. Usted me comprende a mì mas que yo misma “.

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Lampi nel cielo

Piccole ma intense frasi

a illuminare la via

” Desiderare e amare é anche non avere “

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DA:   ” LA MIA AFRICA ”  – KAREN BLIXEN

 

” Chi di notte, dormendo, sogna, conosce un genere di felicità ignota nel mondo della veglia: una placida estasi e un riposo del cuore che sono come il miele sulla lingua. Sa anche che la vera bellezza dei sogni é la loro atmosfera di libertà infinità: non la liberà del dittatore che vuole imporre la sua volontà nel mondo, ma la libertà dell’artista privo di volontà, libero dal volere. Il piacere del vero sognatore non dipende dalla sostanza del sogno, ma da questo: tutto quello che accade nel sogno non accade solo senza il suo intervento, ma fuori dal suo controllo. Si creano spontaneamente paesaggi, vedute splendide e infinite, colori ricchi e delicati, strade, case che non hai mai visto e di cui non ha mai sentito parlare. Compaiono degli sconosciuti che sono amici o nemici. “

 

” Nell’erba, la cicala canta il suo canto interminabile, odori corrono lungo la terra e stelle cadenti piovono nel cielo, come lacrime su una guancia. “

” Attraverso la pianura l’erba alta fugge davanti

All’aria che spira,

Nella solitudine la pianura, il vento, il cuore,

Giocano insieme “

 

” Sono belli, i guerrieri Masai. Hanno quella particolare forma di intelligenza che noi chiamiamo chic: la loro aria intrepida, selvaggia, fantasiosa, é lo specchio della loro stessa natura, di un loro immanente ideale. Lo stile non ha nulla che sia d’accatto, non segue un’idea estranea di perfezione, ma nasce dal di dentro, é espressione della loro razza e della loro storia, non meno delle armi e delle bardature che son parte di loro stessi come le corna ramate di n cervo.”

 

” Denys era felice, da noi: veniva solo quando ne aveva voglia, e la fattoria gli conosceva una qualità che il resto del mondo ignorava, la capacità di essere umile. Fece sempre soltanto ciò che aveva in mente di fare, e disse sempre soltanto ciò che aveva in cuore. V’era un tratto del suo carattere per me veramente prezioso: amava sentir raccontare. “

 

” Ogni giorno, per l’eternità, saremmo tornati lì, pensai in quell’istante, malgrado la ben nota teoria che tutti devono morire.”

 

” Una volta un leone e una leonessa sono rimasti lì a lungo, in piedi o accucciati. Dopo la tua partenza il terreno attorno alla tomba é stato livellato, forma una specie di grande terrazzo. Immagino che i leoni ci vadano volentieri, perché di là possono  dominare tutta la pianura, le greggi e gli animali selvatici. “

 

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DA :  ” L’ELEGANZA DEL RICCIO ” – Muriel Barbery

” Mentre la televisione della guardiola, garante della mia clandestinità, bercia sciocchezze per teste di rapa senza che sia costretta a sentirla, con le lacrime agli occhi, gioisco dei miracoli dell’Arte. “

” Alcune persone sono incapaci di cogliere l’essenza della vita e il soffio intrinseco in ciò che contemplano, e passano la loro esistenza a discutere su gli uomini come si trattasse di automi, e sulle cose come se fossero prive di anima e si esaurissero in ciò che di esse si può dire, sulla base di ispirazioni soggettive.”

“…e sebbene non fosse istruito, affrontava ogni cosa con quell’ingegnosià che nelle inezie distingue i laboriosi dagli artisti e nella conversazione insegna che il sapere non é tutto.”

” L’eternità ci sfugge…..in quei giorni avete disperatamente bisogno d’Arte. Aspirate ardentemente a riavvicinarvi all’illusione spirituale, desiderate appassionatamente che qualcosa vi salvi dal destino biologico, affinché la poesia e la grandezza non siano del tutto estromesse da questo mondo.”

” Madame Michel ha  l’eleganza del riccio: fuori é protetta da aculei, una vera e propria fortezza , ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti.”

“….poi, come le lacrime, che sono talvolta tonde, abbondanti e compassionevoli, si lasciano dietro una lunga spiaggia lavata dalla discordia, così la pioggia estiva, spazzando via la polvere immobile, é per l’anima degli esseri come un respiro infinito. Quindi certe piogge d’estate si radicano in noi come un nuovo cuore che batte all’unisono con l’altro.”

“…mi dico che forse in fondo la vita é così: molta disperazione, ma anche qualche istante di bellezza dove il tempo non é più lo stesso. E’ come se le note musicali creassero una specie di parentesi temporale, una sospensione, un altrove in questo luogo, un sempre nel mai. “

 

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DA:  “ROMEO E GIULIETTA” – WILLIAM SHAKESPEARE

 

” …leggi il libro del suo viso, e vedrai che delizie ha lì scritto la penna della bellezza. Guarda come vanno  d’accordo le sue fattezze, come una renda l’altra felice, e se qualcosa ti sembra oscuro in quel libro, lo trovi spiegato a margine nei suoi occhi.”

” Vedrò di gradirlo, se il vedere può accendere il piacere, ma non lascerò che il mio occhio scagli frecce con più forza di quanto il vostro consenso non permetta loro di volare.”

” L’immaginazione, più ricca di cose che di parole, va orgogliosa della sua sostanza, non degli ornamenti. Solo i pezzenti sono in grado di contare le loro ricchezze, il mio amore sincero é invece così cresciuto a dismisura che non arrivo a contare neanche la metà del mio tesoro. “

 

” Oh amore rissoso, odio amoroso, cosa per prima nata dal nulla, pesante leggerezza, vanità pensosa, caos deforme di forme all’apparenza armoniose, plumbea piuma, fumo lucente, gelido fuoco, sanità malata, sonno dagli occhi aperti, capace di non essere ciò che é, questo é l’amore che io sento, senza sentire il minimo amore in questo. “

 

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Lampi nel cielo

Piccole ma intense frasi

a illuminare la via

” Il mio cuore sospeso attende,

la gioia fugge,

il respiro scandisce gli attimi

del non amore “

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DA: “IL VIOLINO NERO”  DI  MAXENCE FERMINE

“Talvolta suonava con una passione tale da fargli passare l’intero giorno con gli occhi chiusi ad ascoltare le proprie emozioni.  Sprofondava in sé e nella musica, era tuttavia in grado di vedere il mondo meglio di chiunque altro, poiché laddove i suoi occhi erano chiusi il suo cuore era aperto alla luce.”

” Ogni anima possiede la propria parte di sogno.  E  tu, sognando ogni notte quella donna bella e misteriosa, partecipi di questo principio. La cosa bella dei sogni é che non hanno limiti: ti danno ogni sorta di potere.  E’ vero.  In sogno tutto é possibile. E cosa bisogna fare perché sia così anche nella vita? Vedi….i sogni…bisogna infrangerli”

” Quel giorno, avevo appena vent’anni, scoprii Venezia per la prima volta. E scoprendola mi sentii in possesso di due cose pure e belle: un violino e un cuore. Non sapevo che stavo per fare a pezzi l’uno e l’altro. Per sempre.”

” La vita é un teatro e dà solo una rappresentazione.”

” Pioveva a Venezia, una pioggia fine e fitta. Nel silenzio generale si udivano soltanto il rumore della pioggia che crivellava la superficie della laguna, lo sciabordio delle onde che lambivano le fiancate delle gondole, e il vento che talvolta piangeva tra le pietre.”

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DA:  ” ESTASI CULINARIE ” DI  MURIEL BARBERY

“La raffinata carezza del primo sushi sul palato per me non ha più segreti, e benedico il giorno in cui ho scoperto sulla lingua il velluto inebriante, quasi erotico, dell’ostrica che segue un morso di pane con burro salato”

” Tangeri. Forse la città più forte al mondo. Forte del suo porto, del suo statuto di città di confine, di imbarchi e sbarchi, a metà strada tra Madrid e Casablanca,  forte di non essere comunque una città portuale. Nonostante le enormi banchine spalancate sull’altrove, Tangeri é salda, é sé stessa senza mediazioni e in sé stessa si racchiude, animata di vita propria, enclave di sensi al crocevia delle rotte: fin dal primo istante Tangeri ci ghermiva con vigore. “

” La carne é virile, vigorosa, il pesce é strano e crudele. Viene da un’altro mondo, da un mare misterioso che non si svelerà mai; dimostra l’assoluta relatività della nostra esistenza, eppure si concede  a noi nell’effimera rivelazione di territori sconosciuti….oh mare infinito, crudele, primitivo e raffinato, con le nostre bocche azzanniamo avidi i prodotti della tua misteriosa attività. La sardina alla griglia mi avvolgeva il palato con il suo aroma immediato ed esotico; a ogni boccone io diventavo adulto e, mentre le ceneri marine di quella pelle squamata mi carezzavano la lingua, io mi elevavo. “

” Il pomodoro crudo, divorato appena colto in giardino, é la cornucopia delle sensazioni semplici, una cascata che sciama in bocca riunendo ogni piacere. La resistenza della buccia tesa quel poco quanto basta, i tessuti che si sciolgono in bocca, il liquore ricco di semi che ci cola agli angoli delle labbra e che asciughiamo senza paura di sporcarci le dita, quella piccola sfera carnosa che riversa in noi fiumi di natura: ecco il pomodoro, ecco l’avventura.”

” Tutti pensano che i bambini non sanno niente. Viene da chiedersi se i grandi sono stati mai bambini.”

“….già aerea: il sorbetto é aereo, quasi immateriale, fa appena un pò di schiuma a contatto con il nostro calore, poi, vinto, schiacciato, liquefatto, evapora in gola, lasciando alla lingua solo l’affascinante reminiscenza del frutto e dell’acqua che sono scivolate via.”

 

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DA: ” STAGIONI ”     DI    MARIO RIGONI STERN

Appunti personali ,  quelli  scritti  sulla prima pagina dei libri che leggo per ricordarmi i momenti piacevoli e meno piacevoli.

“Novembre 2008 – Questo libro mi ha reso felice.  Cercavo la natura e l’ho trovata. Cercavo la nostalgia e l’ho trovata Cercavo il pianto e l’ho trovato.

Più volte mi ha sorpresa la reale emozione nel leggere passaggi semplici, ma così carichi di quella natura di cui sento tanto la mancanza….

La montagna é per Mario come il mare é per me:

” Un mondo che senti esclusivamente tuo, che ti aiuta a capire le stagioni della tua vita che nessuno mai potrà rubarti ”

 

” Inverno 

Anche se l’inverno sembra tutto mortificare, nella nuova luce del bosco si riprende a vivere. Camminando immersi in quel bianco di luce propria, tra gli alti tronchi muschiati d’argento, pur e il tempo diventa irreale e vivi in un mondo metafisico come dentro un sogno: non ha più peso il tuo corpo, non é faticoso il passo e cammini vagando da pensiero a pensiero. In un infinito tra gli alberi innevati anche le cose della vita appaiono più chiare.

 

Primavera

A fine marzo, nelle ore più calde del mattino, la maestra Elisa invitava Matteo ad aprire le finestre e la primavera arrivava gonfiando le tende come vele di nave. Dentro l’aula giungevano l’odore della terra e del letame sui prati, il canto delle allodole, i passi di un cavallo, il rumore del carro.

La primavera é sempre bianco-verde; se non é per la neve, come da noi, é per i fiori dei ciliegi sulle colline ai piedi delle montagne.

Se la prima neve che senti scendere in una notte di Novembre é un invito a raccogliersi nei ricordi o nella lettura, la prima pioggia d’aprile che ascolti battere sul tetto ti dà ristoro e distensione, ritrovi un amabile sonno e poi, al mattino, il desiderio di andare, di uscire fuori e camminare in libertà e senza una meta perché la primavera non ha confini.

 

Estate

Erano belle le sere estive con la luna sopra i tetti. Quando Gigi smetteva di suonare con la cornetta le parti tenorili di qualche opera di Verdi, mi pareva di sentire le stelle e invece erano grilli sui prati. Allora le voci del paese e della natura intorno, gli odori, i rumori, le nuvole e le luci avevano chiaro riferimento con la vita e seguivano le stagioni dei nostri giuochi e del lavoro degli uomini.

 

Andiamo anche noi in un’alba d’estate per i sentieri del bosco; sia discreto il nostro abbigliamento e silenzioso il passo, cercando di evitare sassi mobili e rami secchi. Fermiamoci ad ascoltare e ci sarà molto da scoprire: un fruscio, un battere di ali, il sottile richiamo del piccolo capriolo, un’aereo di linea che passa alto nel cielo, il rumore di una motosega nell’altro versante, il respiro affannoso di uno che sale con la bicicletta da montagna. Non si é mai soli nei nostri boschi che hanno mille occhi e mille orecchie e, quando meno te lo aspetti, ti trovi davanti un guardiacaccia o un cercatore di funghi.

 

Autunno

 Le prime piogge di fine settembre lavano i residui dell’estate e ogni foglia d’erba, ogni ramoscello ha la sua perla. Anche per noi é bello e liberatorio andare con stivali e mantellina impermeabile tra la pioggia, vagabondare senza prefissare una meta e incontrare, con reciproca sorpresa, uno scoiattolo che ti fissa da un ramo, o gli occhi di un pettirosso immobile dentro un cespuglio di rose carico di bacche rosse.

 

Le foglie degli aceri montani hanno preso la luce dall’ambra e la brezza del mattino le stacca dai rami, adagiandole al suolo. I sorbi dalle rosse e lucenti bacche sono irresistibile richiamo alle cesene e alle tordelle; i galli forcelli si radunano sui solivi nelle radure tra i mughi, ma quando il tempo minaccerà neve, allora saranno lesti a cercare rifugio nelle buse riparate dal vento. I prati attorno alle contrade e i pascoli si sono adornati  degli ultimi fiori autunnali dai colori azzurri e violetti.  Nel bosco gli ultimi funghi sono i cortinari viola e gialli, l’agarico violetto, l’agarico nbebioso. Il sottobosco emana odori di legni marcescenti, di muschio, di funghi, di bacche appassite. “”

 

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DA :  N.  DI ERNESTO FERRERO


Appunti personali:

Agosto 2007 – Letto con gusto e piacere, ho sorriso spesso e volentieri per le belle frasi ironiche e le situazioni divertenti create dall’autore. Un bel romanzo, intenso, a volte triste e struggente. Da rileggere sicuramente e riprendere alcune espressioni importanti.

 

 Il mio calamaio ha la foggia di un minuscolo busto di Napoleone in bronzo. Il bicorno nero funge da tappo, e si apre all’indietro. Sotto il bicorno, un volto d’antico romano spira serenità e fermezza, nasconde pensieri che sanno volare lontano. Quando si solleva il bicorno, si vede l’inchiostro luccicare poco sopra la linea delle sopracciglia dell’Imperatore. Da quando Ferrante ha avuto la bontà di regalarmi questo calamaio, lo scrivere m’é diventato un gesto ancora più necessario. Ogni volta che trafiggo il cranio di Napoleone con la ma penna, mi pare d’impossessarmi della sua potenza, come il cannibale intende far sua la forza del nemico ucciso mangiandone le carni; ma é l’illusione di un istante. Più consumo l’inchiostro del cranio, più avverto che Egli mi sfugge, come sfugge a tutti, agli intimi e ai lontani, ai generali e alle truppe, forse a se stesso. Se non posso rinunciare ad inseguirlo, non desidero nemmeno giungere ad un definitivo possesso di Lui.

 Ho notato che da quando le nostre stanze si sono riempite degli oggetti legati al culto dell’Eroe, parliamo a voce più bassa, ci atteniamo ad un più rigido tono formale. Di questo si é accorto anche Telemaco, che solo all’aperto si mette a gridare, fischiare, cantare.

Corre come una volpe perché già sente il suono dei corni, l’abbaiare dei cani che lo cercano. Ma in movimento é stato sempre. Corre perché può impossessarsi delle cose e degli uomini solo sentendoli attraverso gli zoccoli del suo cavallo; perché, da quel centauro che é diventato, soltanto nel furore della corsa può realizzare il suo ininterrotto coito con il mondo, la smania di possesso e annientamento che neanche qui lo abbandona.

Partiva, tornava, assorta in  misteriose faccende. Non c’erano mai congedi, con lei. Partiva e basta. Restava- per così dire – la sua assenza; ed era un vuoto, talmente solido che talvolta sembrava dovesse schiacciarmi da un momento all’altro, come una nave tirata in secco può rovesciare i puntelli e travolgere i calafati che ha spalmato di pece.

 

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Lampi nel cielo

Piccole ma intense frasi

a illuminare la via

” Ho il cuore maleducato,

si innamora di chi non dovrebbe “

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DA : THE TRAGEDY OF CORIOLANUS DI  WILLIAM SHAKESPEARE

 

La macilenza che ci affligge tutti,

a specchio della nostra povertà,

è per loro un inventario ad uomo

per esibire la loro abbondanza.

La nostra sofferenza è il lor guadagno.

Vendichiamoci con le nostre picche

prima che diventiamo dei rastrelli,

(5)

ché se parlo così,

sanno gli dèi ch’è

per fame di pane,

e non punto per sete di vendetta

 

 

o ti dico che tutto che di buono

ha fatto è stato per un solo fine;

anche se a certe tenere animucce

può piacere di dire che l’ha fatto

pel suo paese, in verità l’ha fatto

per piacere a sua madre, ed anche, in parte,

per soddisfare la propria ambizione,

ché ce n’ha tanta per quanto ha coraggio

 

 

d io vi dico invece, brava gente,

che i patrizi si curano di voi

col più caritatevole riguardo.

Quanto a quel che vi manca,

ciò che soffrite in questa carestia,

alzare contro lo Stato romano

le vostre mazze, è come alzarle in aria

con l’intenzione di colpire il cielo:

esso seguiterà per la sua strada,

spezzando mille, diecimila ostacoli

più forti che non possa mai sembrare

quello di questa vostra opposizione.

Quanto alla carestia, sono gli dèi

che l’han voluta, non punto i patrizi,

e davanti agli dèi sono i ginocchi,

non le braccia, che possono soccorrervi.

Ahimè, che voi vi fate trascinare

dalla disgrazia dove altri malanni

v’aspettano, a calunniar così

e maledir come nemici gli uomini

che reggono il timone dello Stato

e di voi son pensosi, come padri

 

 

Di noi pensosi, quelli? Figuriamoci!

Mai se ne son curati fino ad oggi.

Ecco, ci lasciano morir di fame,

e i magazzini son pieni di grano;

sfornano editti per punir l’usura

e favoriscono solo gli strozzini;

abrogano ogni giorno sane leggi

promulgate a suo tempo contro i ricchi

ed ogni giorno sfornano decreti

sempre più duri per impastoiare

ed affamare la povera gente.

Se non saran le guerre,

saranno loro a sterminarci tutti.

Ecco qual è l’amore che ci portano

 

 

 

MARCIO – Grazie!

(Al popolo)

Che vi succede, torpida canaglia,

che a furia di grattarvi notte e giorno

la scabbia della vostra ostinazione

siete ridotti a una putrida rogna?

 

PRIMO CITT. – Sempre buone parole da te, Marcio!

MARCIO – Buone parole, ad uno come te,

chiunque le dicesse,

sarebbe un basso e immondo adulatore.

Che volete, cagnacci,

cui non va bene né pace, né guerra,

perché l’una vi fa tanti conigli

l’altra vi fa sfrontati e tracotanti?

E a fidarsi di voi,

non che scoprir che siete dei leoni,

ci si accorge che siete solo lepri,

oche, invece di volpi.

No, si può far meno fiducia in voi

che in un tizzone acceso in mezzo al ghiaccio,

che in un granello di grandine al sole.

Siete capaci d’innalzare al cielo

chi è punito per qualche sua magagna,

e insieme maledire la giustizia

che l’ha punito. Chi merita onore,

non può che meritare l’odio vostro;

le vostre simpatie per questo o quello

son come l’appetito di un malato

che va desiderando soprattutto

ciò che può solo peggiorargli il male.

Chi dipendesse dal vostro favore

è come se nuotasse avendo ai piedi

pinne di piombo, o avesse l’illusione

di segare una quercia con dei giunchi.

Fidare in voi?… Impiccatevi!

Voi mutate gabbana ogni minuto.

Siete pronti a dir nobile

chi poco prima coprivate d’odio,

e vile chi era prima il vostro eroe

E adesso che v’ha preso,

d’andare urlando per le vie di Roma

contro il Senato che, grazie agli dèi,

riesce ancora a mantenervi a freno

se no vi sbranereste l’un con l’altro?

 

 

MARCIO – Se la metà del mondo

si scontrasse con l’altra, e Tullo Aufidio

si venisse a trovar dalla mia parte,

io cambierei di fronte

per guerreggiar con lui solo. È un leone

a cui m’inorgoglisce dar la caccia

 

VOLUMNIA – Canta, figlia, ti prego,

o almeno mostrati un po’ meno triste!

Se Marcio invece d’essere mio figlio

fosse mio sposo, sarei più felice

di saperlo lontano a farsi onore,

che averlo a letto a gustarne gli amplessi,

per quanto amore egli potesse effondere.

Quand’era ancora un tenero fanciullo,

e l’unico rampollo del mio ventre,

e la sua fascinosa giovinezza

gli attirava gli sguardi della gente;

quando una madre, neppure se un re

l’avesse scongiurata un giorno intero,

se lo sarebbe fatto allontanare

dalla vista nemmeno per un’ora,

io, presaga da allora della gloria

cui uno come lui era votato

(ché se brama d’onor non lo animasse,

sarebbe stato nulla più che un quadro

da restare appiccato alla parete),

ero felice di lasciarlo andare

in cerca di pericolo,

dovunque egli potesse incontrar fama.

E lo mandai ad una cruda guerra,

dalla quale però fece ritorno

col capo cinto di foglie di quercia

Ti dico, figlia, che di tanta gioia

non sussultai sentendo il primo annuncio

che avevo partorito un figlio maschio,

quanta fu a veder la prima volta

qual uomo vero egli s’era mostrato

 

 

 

 

VOLUMNIA – Niente affatto, non devi.

Mi par già di sentire qui, vicino,

il rullo dei tamburi del tuo sposo,

e di vederlo che trascina in terra,

presolo pei capelli, quell’Aufidio,

ed i Volsci fuggire innanzi a lui

come bambini alla vista dell’orso

E vederlo che pesta i piedi a terra,

così, e gridare: “Avanti, voi, vigliacchi!

Figli della paura, e non di Roma

e asciugarsi la fronte insanguinata

con una mano inguantata di ferro,

ed avanzar pel campo di battaglia

simile a un mietitore

che s’imponga di mieter tutto il campo

per non perder la paga giornaliera.

 

 

MARCIO:

Ah, vergogna di Roma! Branco di…

Vi s’attacchino addosso tutti i mali

più pestilenti d’Africa! Carogne!

Vi ricoprano pustole e bubboni,

sì che ancor prima di guardarvi in faccia

vi possiate infettar l’un con l’altro

a un miglio di distanza controvento!

Anime d’oca dentro umane forme!

Come avete potuto indietreggiare

davanti a un’accozzaglia di straccioni

che perfino le scimmie

sarebbero capaci di sconfiggere?

Per Plutone e l’inferno

siete feriti tutti nella schiena,

con le facce slavate per la fuga

e la paura che vi fa tremare!

Pensate a riscattarvi, scellerati!

Ricacciateli indietro, o, per il cielo,

mollo il nemico e vi combatto contro!

V’ho avvertiti. Tenete duro! Avanti!

E li ricacceremo alle lor tane,

in braccio alle lor mogli,

così com’essi ci hanno ricacciati

alle nostre trincee. Su, dietro a noi!

 

 

(Altra carica. Questa volta i Romani hanno la megli

o, i Volsci sono volti in fuga, e Marcio li

insegue da solo fino alle porte della città)

Ecco, le porte adesso sono aperte.

Dimostratevi buoni inseguitori.

A chi insegue le apre la Fortuna,

le porte, non a chi se la dà a gambe!

Guardate me, e fate come me.

(Entra da solo in Corioli)

PRIMO SOLDATO –

(Arrestandosi cogli altri davanti alla porta ancora

aperta)

È prodezza da folle, io non lo seguo.

PRIMO SOLDATO – Stava inseguendo quelli che fuggiva

no,

è entrato insieme a loro, e quelli, subito,

gli hanno richiuso la porta alle spalle.

È solo, contro tutta la città.

LARZIO – Oh, nobile collega!

Tu che sensibilmente

in audacia

superi l’insensibile tua spada,

e resisti, se pur essa si piega!

Tu sei perduto, Marcio!

Un diamante della più pura luce

e dello stesso peso del tuo corpo

non sarebbe gioiello più prezioso!

Tu eri, come nessun altro a Roma,

il soldato voluto da Catone

fiero e tremendo non solo a colpire,

ma cui bastava solo un truce sguardo

e un grido della tua voce di tuono,

per incuter tal tremito al nemico,

come se tutto il mondo fosse preso

subitamente da tremor febbrile.

 

Entra MARCIO, sanguinante, inseguito da soldati vol

sci

(39)

PRIMO SOLDATO – Oh, generale, guarda, guarda là!

Ma quello è Marcio! Corriamo a salvarlo,

o qui si muore tutti insieme a lui!

(Zuffa. I Romani sopraffanno i Volsci ed entrano tutti in Corioli)

 

 

MARCIO – Niente lodi.

Quel che ho fatto non m’ha manco scaldato.

Perdere un po’ di sangue, col mio fisico,

fa più bene che male.

Voglio apparir così davanti a Aufidio,

e battermi con lui.

 

 

 

 

 

MARCIO – Saranno solo quelli

che mi diranno d’esservi disposti.

(Forte, ai soldati)

Se c’è qualcuno qui

– e sarebbe peccato dubitarlo –

cui piaccia questa tinta ond’io, vedete,

sono imbrattato dalla testa ai piedi;

se c’è qualcuno che ha meno paura

di rischiare la vita che il suo nome,

che pensa che una morte valorosa

vale più d’una vita senza onore;

e che la patria val più che se stesso,

egli solo, o quant’altri in mezzo a voi

si trovino a pensarla come lui,

levino in alto il lor gladio, così,

per dir che sono pronti a seguir Marcio

 

MARCIO – Evvia, basta, ti prego!

Anche mia madre, che pure ha il diritto

di vantar con orgoglio il proprio sangue,

se si mette ad elogiarmi, mi fa male.

Ho fatto ciò che avete fatto tutti,

cioè quanto ho potuto, come voi

animato da un solo sentimento,

l’amor della mia patria.

Chiunque abbia operato con nient’altro

che con la propria buona volontà,

ha fatto esattamente come me

 

 

 

MARCIO – No, generale, grazie,

ma non potrei convincere il mio cuore

ad accettare un dono sottobanco

per pagar la mia spada. Lo rifiuto,

e reclamo per me semplicemente

la parte che hanno avuto tutti gli altri

ch’hanno partecipato alla battaglia.

 

PRIMO SOLDATO – È il diavolo in persona.

AUFIDIO – Più ardito, anche, se pur meno furbo.

Il mio valore è come avvelenato

solo a soffrire d’essere oscurato

per colpa sua; e per causa di lui

sarà costretto a fuggir da se stesso

Non ci sarà né sonno né santuario

sia nudo o infermo, non ci sarà tempio

né Campidoglio, non sacre preghiere

né cerimonia d’offerta agli dèi,

– tutti freni al furore scatenato –

ad arginare l’odio mio per Marcio

in forza del lor marcio privilegio

e dell’usanza che ancor li sostiene.

 

 

MENENIO – Allora scoprireste un’accoppiata

di magistrati scialbi, senza meriti,

e tuttavia boriosi, prepotenti,

lunatici, bizzosi, e insomma stolidi,

come non ce n’è a Roma nessun altro.

 

MENENIO – Sì, lo so, sono noto

per essere un patrizio un poco estroso,

al quale piace un buon bicchier di vino

non annacquato nell’acqua del Tevere;

uno di cui si dice che ha il difetto

di dar ragione al primo che reclama;

uno che prende fuoco facilmente;

uno che bazzica più volentieri

il nero deretano della notte

che non la chiara fronte del mattino.

Io quel che ho dentro ce l’ho sulla bocca

e la malizia m’esce via col fiato.

Se mi trovo con due politici

(che non posso dir certo due Licurghi

come voi, e volete darmi a bere

qualcosa ch’è sgradito al mio palato,

fo boccacce. Non posso certo dire

che le signorie vostre han detto bene

una cosa, se in ogni vostra sillaba

io trovo tutto un concentrato d’asino

E se sopporto con rassegnazione

chi mi dice che siete uomini seri

e rispettabili, dico ch’è un bugiardo

chiunque dica che le vostre facce.

son facce oneste. E ammesso che voi due

riusciate a legger questo sulla mappa

del microcosmo della mia persona,

ne segue forse che possiate dire

di conoscermi bene? E se pur fosse,

qual difetto riescono a discernere

le vostre miopi facoltà visive

in questa mia natura?

 

 

CORIOLANO – Ricordati, però, mia buona madre,

che tuo figlio preferirà comunque

d’essere loro servo a modo suo,

piuttosto che padrone a modo loro.

 

 

…..Le matrone le delicate guance

solitamente protette da un velo,

sulle quali con sfida civettuola

lottano il bianco e il rosa damaschino

espongon oggi al lascivo saccheggio

degli infuocati baci del Dio Sole

un’atmosfera così surreale,

da far pensar che un dio,

per guidarlo, si sia insinuato

furtivo nelle sue facoltà umane,

e gli abbia dato una forma divina.

 

 

CORIOLANO – Preferirei restare sotto il sole,

in ozio, a farmi grattare la testa

quando suonasse l’allarme di guerra

che starmene seduto qui, per niente,

ad udir magnificare i miei nonnulla.

 

CORIOLANO – … Sbracarmi avanti a loro

a vantarmi che ho fatto questo e quello,

mettere in mostra le mie cicatrici

ormai indolori, che dovrei nascondere,

come chi se le fosse procurate

solo per guadagnarsi i loro voti…

….Ma se dovessimo in tutte le cose

far quel che vuol l’usanza,

la polvere che copre il tempo andato

mai non sarebbe più spazzata via,

ed ammucchiando errore sopra errore

si formerebbe tale una montagna

di tutti errori, che la verità

sarebbe poi impedita a sovrastarla.

 

 

 

CORIOLANO – Il vostro gregge, eh? E deve dunque

questa gentaglia aver diritto al voto,

se prima te lo danno,

e poi, subito dopo, lo rinnegano?

E voi, che state a fare?

Voi che siete la loro stessa bocca,

perché non governate i loro denti?

O siete stati voi ad aizzarli?

 

 

CORIOLANO – Non inquietarti, madre, te ne prego.

Vado al Foro. Non farmi più rimbrotti.

Farò sfoggio di ciarlataneria

per conquistar le loro simpatie,

riuscirò a scroccare i loro cuori,

e mi vedrai tornare a casa amato

da tutte le romane mestieranze.

Guarda, sto andando. Saluta mia moglie.

Tornerò console, o d’ora in poi

non fidarti di quanto saprà fare

la mia lingua nell’arte di adulare.

 

 

MENENIO – Gli hai detto il fatto loro,

e, francamente, ne avevi ragione.

Non vorreste cenare insieme a me?

 

VOLUMNIA – È la rabbia il mio cibo. La mia cena

la farò su me stessa, divorandomi,

così mangiando morirò di fame.

(A Virginia)

Andiamo, cessa di piagnucolare,

e lamentati, come faccio io,

di rabbia, alla maniera di Giunone

Andiamo.

 

 

CORIOLANO – Grazie, amico, salute.

(Esce il Cittadino)

O mondo, le tue scivolose curve!

Amici uniti da antica affezione,

da sembrare un sol cuore entro due petti,

da trascorrere insieme tutti i giorni

le ore, il letto, la mensa, il lavoro,

inseparabili nel loro affetto

come fossero stati due gemelli,

basta uno screzio, un dissenso da niente

per rompere in tremenda inimicizia.

Così ugualmente nemici giurati

cui l’ira e il furore dell’intrigo

tolsero il sonno a forza di pensare

come distruggersi l’uno con l’altro,

ecco che per un caso, una sciocchezza

che vale meno d’una coccia d’uovo,

possono diventare grandi amici

e unir le loro sorti. Così io:

detesto il luogo dove sono nato

e guardo con amore a una città

che mi è stata nemica… Beh, io entro.

Se m’uccide, si sarà solo preso

una giusta rivalsa. Se m’accetta,

mi metterò a servire il suo paese

 

AUFIDIO

 

…..Sappi solo questo:

ho amato molto colei che ho sposato;

mai uomo sospirò più lealmente.

Ma ora, nel vederti avanti a me,

nobilissimo uomo, con più gioia

mi sobbalza rapito il cuore in petto

di quando vidi per la prima volta

la mia sposa varcare la mia soglia.

Ebbene, dico a te, come al dio Marte,

che abbiamo già un esercito allestito,

pronto all’azione, ed ancora una volta

m’ero proposto di falciarti via

con la mia spada lo scudo dal braccio,

o di perdere il mio;

dodici volte, l’una dopo l’altra,

u m’hai piegato, e da allora ogni notte

non sogno che di scontri tra noi due:

 

CORIOLANO – Che significa questo? ( A Volumina )

Tu inginocchiata qui davanti a me?

Davanti a questo figlio

tante volte da te rimproverato

Oh, allora volino a punger le stelle

anche le ghiaie dell’arida spiaggia!

Allora scaglino i venti in rivolta

gli alteri cedri contro il sole ardente,

spazzando via dal mondo l’impossibile,

sì che diventi all’uomo facil opra

fare che ciò che non può esser sia.

 

 

VOLUMINA

….Quanto a me, figlio mio,

non ho certo intenzione d’aspettare

qual esito la sorte avrà voluto

serbare a questa guerra.

Se non potrò convincerti a far grazia

con nobiltà di cuore alle due parti

piuttosto che cercare la rovina

d’una sola di esse,

non potrai – credimi, tu non potrai! –

muovere ad assaltare il tuo paese,

figlio, senza aver prima calpestato

il ventre di tua madre

che t’ha portato al mondo

 

 

 

 

 

AUFIDIO –

(A parte)

Godo a veder che ti sei messo dentro

questo conflitto tra pietà ed onore;

ed è proprio su questo

che farò rifiorir la mia fortuna.

 

 

I° CONGIURATO – Stai bene, generale?

AUFIDIO – Come uno ch’è rimasto avvelenato

dalle proprie elemosine ed ucciso

dalla sua stessa generosità.

 

AUFIDIO – Lo so, e il mio pretesto per colpirlo

è basato su solidi argomenti.

Io l’ho fatto salire,

ed ho impegnato sulla sua lealtà

l’onore mio; ma, giunto così in alto,

egli ha innaffiato i suoi nuovi germogli

con la rugiada dell’adulazione,

seducendomi tutte le amicizie.

Ed a questo ha piegato la sua indole,

mai conosciuta prima altro che rude,

indomabile, chiusa, indipendente

 

 

AUFIDIO – Questo è proprio il punto

su cui concentrerò contro di lui

tutte le fibre; il sangue ed il sudore

che ci è costata questa grande impresa

egli li ha bassamente barattati

per quattro lagrimucce di donnette,

che non valgono più delle bugie.

Perciò deve morire,

ed io risorgerò dal suo tramonto.

 

 

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Ti meriti un’amore che ti voglia spettinata “

 

Frida Kahlo

 

Ti meriti un amore che ti voglia spettinata,
con tutto e le ragioni che ti fanno alzare in fretta,
con tutto e i demoni che non ti lasciano dormire.
Ti meriti un amore che ti faccia sentire sicura,
in grado di mangiarsi il mondo quando cammina accanto a te,
che senta che i tuoi abbracci sono perfetti per la sua pelle.
Ti meriti un amore che voglia ballare con te,
che trovi il paradiso ogni volta che guarda nei tuoi occhi,
che non si annoi mai di leggere le tue espressioni.
Ti meriti un amore che ti ascolti quando canti,
che ti appoggi quando fai il ridicolo,
che rispetti il tuo essere libero,
che ti accompagni nel tuo volo,
che non abbia paura di cadere.
Ti meriti un amore che ti spazi via le bugie
che ti porti l’illusione,
il caffè
e la poesia.

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DA:   ”  GLI AMORI DIFFICILI ”     DI      ITALO CALVINO

 

“…..e gli pareva che là, l’armonia solamente rintracciabile alla ragazza celeste-cielo, e questo fosse, il miracolo di lei,  di scegliere a ogni istante nel caos dei mille movimenti possibili quello e quello solo che era giusto e limpido e lieve e necessario, quel gesto e quello solo tra mille gesti perduti, che contasse . ”

 

 

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DA:  ”  IL KILLER PROFESSIONISTA ”  DI LUIS SEPULVEDA

 

“…..si ravvivava i capelli, che avevano il colore delle castagne mature e la consistenza lieve e morbida dell’acqua che scivola su rocce coperte di muschio”

 

“…..il piacere sta nell’essere esigenti ”

 

 

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DA:   ” IL BAR SOTTO IL MARE ”   DI STEFANO BENNI

 

“…e il vento dà ai rami degli oleandri  lente movenze di alga.

“…la notte e la neve facevano di Parigi un sogno in bianco e nero. ”

” ….aveva il volto bianco come un’annegato, incorniciato da lunghi capelli biondi, baffi sottili e curati e un pizzo a virgola, così ben scolpito che ti veniva voglia di appenderci la giacca.”

“…ma gli innamorati, i veri innamorati inventano con gli occhi la loro verità .”

“….la luce non cancella l’ombra, l’ombra cancella la luce, il giorno gioca con te, poi ti abbandona, sarà la notte, la tua padrona.

“….un sorriso come un fiore velenoso ”

 

 

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DA :   ” IL GATTOPARDO ”   DI  GIUSEPPE  TOMASI DI  LAMPEDUSA

“….smunte cupole dalle curve incerte simili a seni svuotati di latte, si alzavano ancor apiù in alto, ma erano essi, i conventi a conferire alla città la cupezza sua ed il suo carattere, il suo decoro e insieme il senso di morte che neppure la frenetica luce siciliana riusciva mai a disperdere. ”

 

“….intorno ondeggiava la campagna funerea, gialla di stoppie, nera di restucce bruciate; il lamento delle cicale riempiva il cielo;  era come il rantolo della Sicilia arsa che alla fine di Agosto aspetta invano la pioggia. ”

 

“…per le persone del carattere e della classe di  Don Fabrizio, la facoltà di essere divertiti, costituisce i 4/5 dell’affetto.”

” ….l’estate di San Martini che é la vera stagione di voluttà in Sicilia: temperie luminosa e azzurra, vasi di mitezza nell’andamento lento aspro delle stagioni, che con la mollezza persuade e travia i sensi mentre con il tepore invità alle nudità segrete. L’architettura, la decorazione stessa rococò, le loro curve impreviste, evocavano anche distese e seni eretti; l’aprirsi di ogni portale frusciava come una cortina d’alcova. ”

 

 

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DA: ” VENERE LESA ” DI PAOLO MAURESING

 

“…una specola ormai in rovina, abitata solo da tortore, che a volte si levano in volo come un’applauso di mani inguantate.”

“….nel sottobosco ravvivato dai globi perlacei di alcune ortensie spettrali. Entriamo pure oltre il cancello ancora, imperlato dal breve scroscio di un acquazzone estivo.”

” ….qualche volta mi soffermo ad osservare i bellissimi disegni composti delle strutture cellulari.  C’é in esse ordine, perfezione ed equilibrio. Credevo di ravvisare quella forza che sostiene e orchestra la nostra vita.”

” Tuttavia ero sempre convinto di essere io solo a muovere le fila, capace sempre di riportarla indietro per sentirmi dire quanto era confortante per lei tornare tra le mie braccia. Le sue distrazioni  finivano per essere altrettante conferme della nostra felicità. Ho sofferto le prime volte, con il tempo ho cominciato a trarre un insolito piacere, penetrare nel mistero stesso dell’amore sul quale potevo esercitare il mio potere. Recitavo la parte di Mefistofele : le lasciavo libero il corpo, riservandomi il possesso dell’anima. ”

 

” E’ strano che a volte sia un semplice gesto a conquistarci, come se la dura corazza che ci riveste si aprisse per magia…”

” Il sole pomeridiano filtra dalle vetrate. Steli di pulviscolo incandescente fendono la penombra delle stanze abbagliando le porcellane esposte in una panciuta vetrina.”

” Mi chiedo a volte, se ad attrarre le persone sia l’amore. Oppure questo é solo un termine con cui designiamo la forza dell’attrazione? Certo é che in mezzo alla folla ( e alla follia ) di tutti i giorni scorgiamo dei volti che si levano come segnali e ci sorprende che il caso li riunisca, li disperda e li richiami secondo il proprio bizzarro volere .”

 

” Potremo mai sapere se l’amore o ciò che indichiamo con questo nome sia qualcosa che ha vita propria che,  a suo piacimento,  ci possiede e ci abbandona, o se non sia forse il malessere continuo per una perdita, per una sottrazione che subiamo a nostra insaputa fino alla totale estinzione? ”

“…e non c’é nulla che alimenti l’amore quanto l’assenza o il rifiuto. ”

“…c’era in quei suoi movimenti nervosi un residuo di corporeità infantile: la stessa che induce un bimbo deluso a farsi rosso di collera e a pestare i piedi per terra .”

 

 

 

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DA: ” STORIE FANTASTICHE  DI CHARLES DICKENS

Appunti personali ,  quelli  scritti  sulla prima pagina dei libri che leggo per ricordarmi i momenti piacevoli e meno piacevoli.

 

” Luglio 2015 – Esilerante e piacevole. Il punto di vista dei bimbi é sempre divertente e ci fa capire quanto siamo noiosi noi adulti. Dickens scrive bene ” da bambino”  e non é facile evitare il proprio modo di scrivere. Da rileggere. “

IL PROCESSO DI WILLIAM TINKLING – Uscito dalla penna del signor William Tinkling, di anni otto.

…” Aspetteremo disse la piccola Alice, prendendo la mano di Nettie nelle sue e guardando il cielo, “aspetteremo – con pazienza e fiducia – finché il mondo non sarà così cambiato, che tutto sarà in nostro favore, e nulla più ci renderà ridicoli, e le Fate saranno tornate. Aspetteremo – con pazienza e fiducia – finché avremo ottanta-novanta-cento anni. E allora le Fate manderanno a noi dei bambini che, povere piccole creature, aiuteremo a togliersi d’impiccio se mai ne avessero bisogno.”

“…e mentre sedavamo sotto il salice a mangiare ciliegie, giocammo ai novantenni. Nettie si lamentava di un osso della sua vecchia schiena che la faceva zoppicare, e Alice cantò una canzone con una vocina da vecchia, ma era graziosissima, ed eravamo tutti felici. Oddio, non so se felici é il termine esatto, ma stavamo bene. ”

 

LA LISCA MAGICA – Uscito dalla penna di Miss Alice Rainbird, di anni sette.

 

” Vuole essere ragionevole Sire? ” esclamò pestando il piede per terra. ” Il perché di questo, il perché di quello, ma insomma! Volete sempre una ragione. Nessuna ragione. Ohibò! Sono stanca delle vostre ragioni da adulti.”

“…Infatti non c’erano molti domestici a Palazzo, per tre ragioni: perché il Re non aveva soldi, perché una promozione in ufficio sembrava non arrivare mai, e perché il giorno di paga trimestrale era così lontano che sembrava lontano e piccolo come una stella.”

” Quella mattina, dopo che la Regina si era ripresa dallo svenimento, e stava sonnecchiando, la Principessa Alicia corse al piano di sopra per raccontare un segreto speciale alla più riservata delle sue amiche, che era una Duchessa. Gli altri pensavano che fosse una bambola, invece era davvero una Duchessa, anche se nessuno lo sapeva tranne la Principessa. Il segreto così speciale era quello della lisca magica, la cui storia la Duchessa conosceva bene, perchè la Principessa le aveva raccontato tutto. La Principessa si inginocchiò vicino al letto dove era sdraiata la Duchessa, ben vestita e con gli occhi spalancati e le bisbigliò il segreto. La Duchessa sorrise e assentì. Qualcuno potrebbe pensare che non sorridesse mai e non facesse cenni con la testa, invece lo faceva spesso, anche se nessuno lo sapeva tranne la Principessa.”

 

MRS ORANGE – Uscito dalla penna di Miss Nettie Ashford, di anni sei e mezzo.

 

” Nelle mappe c’é un paese che vi mostrerò, dove i bambini possono fare tutto quello che vogliono. Vivere in quel bel paese é davvero un incanto. I grandi sono costretti a ubbidire, e non é mai concesso loro di stare in piedi fino a  tardi, tranne il giorno del compleanno. I bambini ordinano ai grandi di fare confetture, gelatine, marmellate di agrumi, torte, budini e tanti tipi di pasticcini. Se quelli rifiutano, vengono messi nell’angolino finché non lo fanno. Ogni tanto hanno il permesso di prenderne qualcuno, ma quando questo accade, dopo, di solito, viene data loro una medicina.”

 

 

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DA: ” L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNESTO – Commedia frivola per gente seria” di Oscar Wilde

Ho riletto questo libro per la seconda volta e per la seconda volta ho riso di gusto, quel sollievo dell’anima così raro da provare e così rassicurante da provocare stupore.

E’ davvero difficile scegliere le frasi più belle, va letto comunque, meglio tenerlo sul comodino, l’anima va rasserenata spesso.

” LADY BRACKNELL: Un’ottima età per sposarsi. Sono sempre stata dell’opinione che un uomo che intenda sposarsi debba o sapere tutto o non sapere niente. Qual’é il suo caso?

JACK ( dopo una certa esitazione ): Io non so niente, Lady Bracknell.

LADY BRACKNELL: Sono felice di sentirglielo dire. Sono molto contraria a tutto ciò che può interferire con una naturale ignoranza. L’ignoranza é come un delicato frutto esotico: come lo si tocca, il suo fascino é perduto. Le teorie educative del giorno d’oggi sono fondamentalmente assurde. In Inghilterra comunque, grazie a Dio, l’educazione non produce il minimo effetto. Non fosse così, ne deriverebbero gravi inconvenienti per le classi superiori, destinati probabilmente a sfociare in atti di violenza in Grosvenior Square. ”

“ALGERNON: Tutte le figlie femmine diventano come la loro madre. Questa é la tragedia delle donne. Nessun maschio lo diventa: e questa é la tragedia degli uomini. ”

” JACK: L’intelligenza non la posso più soffrire. Al giorno d’oggi sono tutti intelligenti. Non si può andare da nessuna parte senza incontrare gente intelligente. E’ veramente una calamità nazionale. Darei non so che cosa perché ci fosse un pò di gente stupida.

ALGERNON: Oh, ce n’é.

JACK: Mi piacerebbe molto conoscerne qualcuno. Chissà di che cosa parlano?

ALGERNON: Gli stupidi? Oh, delle persone intelligenti, naturalmente.

JACK: Che stupidi! ”

 

”  ALGERNON: Spero che domani sia una bella giornata, Lane.

LANE: Non lo é mai, signore.

ALGERNON: Lane, tu sei un perfetto pessimista.

LANE: Faccio del mio meglio per accontentare il signore, signore. ”

 

” ALGERNON: Spero che tu non ti senta offesa, Cecily, se io affermo in tutta sincerità e schiettezza che tu mi appari in tutto e per tutto la tangibile personificazione della perfezione assoluta.

CECILY: Penso che la tua sincerità ti faccia molto onore, Ernest. Se permetti annoto la tua osservazione nel mio diario.”

 

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ALDA MERINI

Non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all’ orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

 

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DA: ” IN ALTO A SINISTRA” DI ERRI DE LUCA

Appunti personali ,  quelli  scritti  sulla prima pagina dei libri che leggo per ricordarmi i momenti piacevoli e meno piacevoli.

” Agosto 2015 – Erri scrive come piace a me, nel modo efficace, intenso e diretto, da giornalista. Arriva dritto al punto, a volte fa male dentro, a volte ti fa pensare intensamente e a volte ti fa piangere di dolore o commozione. Vale comunque la pena.”

” Da adulto ho trovato negli occhi delle donne quella capacità di sfondamento del campo davanti, che fa di un uomo un ingombro d’orizzonte.”

” L’omertà nasce dal bisogno di difendersi da un regime sociale di soprusi in cui la giustizia é applicata con parzialità e favoritismi, ma contrappone malauguratamente a questo un altro regime di soprusi : la mafia. L’omertà é un comportamento radicato in tutta la popolazione quando considera l’intero apparato statale un grande sbirro. La mafia che é nata da questa silenziosa protezione popolare, l’ha trasformata in legge di sangue sicché oggi l’omertà é frutto principale della paura. “ La spirito di solidarietà é invece un sentimento che onora l’uomo. Non é una legge come l’omertà, sorge di rado. Spunta di colpo tra persone che si trovano in difficoltà, comporta il sacrificio personale, non si nasconde dietro il mucchio formato da tutti gli altri. Nel vostro caso la solidarietà può essere quella di tutti per proteggere due , ma potrebbe essere quella di due che si fanno avanti per proteggere tutti gli altri. La solidarietà é opera  preziosa di un occasione, appena compiuto il suo dovere rompe le righe, lasciando in ognuno la coscienza tranquilla. Siate pure leali oggi tra voi fino a sopportare il sacrificio di un duro provvedimento disciplinare, ma non  imparate domani a proteggere l’ingiusto, il prepotente, il vendicatore. Prima che siate sospesi in blocco dalle lezioni, propongo a voi di fare le più sentite e solenni scuse all’insegnante che avete offeso. Fate questo senza aspettarvi niente in cambio, fatelo perché é giusto. Fatelo prima che il vostro silenzio si indurisca troppo contro di noi, si avveleni di avversione, distrugga il mio lavoro con voi e la vostra possibilità di trarre profitto dalle ore trascorse insieme a me in quest’aula. “

” ….era disteso eppure sembrava ritto in piedi, manteneva così tutta la la forza della sua presenza. Per la prima volta un ragazzo tra i tanti ebbe misura dello spreco insensato contenuto nella morte di un uomo. Tutta quella Grecia svisceratamente amata da un siciliano, tutta quella sapienza si perdeva, a nessuno poteva più trasmettersi. Ne trattenevamo frammenti lucenti da un vaso in frantumi, noi suoi allievi. ”

 

” Volevo allora che i libri stessero al mondo come angeli custodi degli adii. La città non rispose.”

” Poco sorrideva ma quando: allora sprizzava bianco dagli occhi neri e il sorriso faceva rumore, rumore di anguria spaccata da un coltello. Sulla sua faccia si apriva un chiuso di dentro, di finestre e scintillava il chiaro come luccica lo spacco dell’anguria.”

” Mi aveva staccato dal mucchio di teste in una sera d’osteria, mi aveva estratto com’ero, ingiallito, pagina di foglia fitta di vene e rughe, fibroso come un legno di rose, spessito come un sonno senza sogni.”

“Autunno lucente, qualche grappolo d’uva dimenticato sotto la pergola marciva in un ronzio di vespe appesantite. Dall’amaca il cielo s’arrossiva piano oltre il campo, ci staccavamo e cucinavo un pesce. Era finito un anno, quello della sua vita contro e del mal di ‘more, unghia incarnita della felicità .”

” Ti aspetti di veder sorgere al mattino dal letto quella donna che faceva sprizzare pietre dure dagli occhi di un uomo. Cerchi la dedizione del suo corpo chiuso su di te, arco su balcone, cielo su campo. E’ la donna capace di questo che non trovi.”

 

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Rabindranath Tagore

Come una regina

Senza parlare sei arrivata come una
vera regina, di nascosto
hai posato i piedi dentro l’anima.

 

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DA: BASSO CONTINUO DI RENZO CIGOI 

” Che cosa non ho visto in quell’accampamento! Era come essere in un macello asiatico dove gli animali appena scannati respiravano ancora. Ricordo un Unterleutenant, aveva il braccio sinistro aperto fino alla spalla dove si vedeva il il bianco dell’osso omerale: era disteso in terra come fosse già morto e nessuno nemmeno lo guardava. ”

 

” Faceva un caldo insopportabile; bianchi di polvere, eravamo come spettri ubriachi di fame perché senza un boccone da più di tre giorni. Passavamo davanti a una casupola di campagna e venne fuori una donna con un vaso di terracotta in mano pieno di latte. Le avevamo fatto tanta pietà che era venuta sulla strada apposta per offrirci un pò del suo latte. Ma noi eravamo centinaia, e quando ci siamo avvicinati per prendere il suo latte eravamo talmente tanti che abbiamo fatto cadere  sia la donna che il vaso…Nei campi spuntavano le prime piante di cipolla e aglio, noi le mangiavamo così com’erano ancora sporche di terra e di concime.”

“…a nostra volta eravamo dei moribondi: distrutti da una debolezza estrema, il caldo della baracca ci affogava in uno stato di febbrile torpore…Meglio ce morire assiderati, si dirà, niente affatto: ho potuto parlare con chi stava per morire a cinquanta sottozero, ma caldo e freddo ti portano via con la medesima ” piacevole ubriacatura mortale. Uno si sdraiava di sera sulla ” scjora”, il pagliericcio, e la mattina dopo lo trovavamo morto con una faccia piena di felicità.”

 

” Tu sei albero e io uomo, la distanza che Madre natura ha voluto mettere fra noi é enorme, forse troppa per l’affetto che mi lega a te; ma dopo essere stato fuoco sarai cenere e questa si trasformerà in buona terra…La terra dekka tua fibra si unirà alla terra delle mie ossa, diventeremo lo stesso elemento e tu sarai mio fratello per l’eternità”

 

” Fuori, sul limitare del bosco di querce, tra i rami spogli degli alberi contro un cielo di pesca sanguigna, l’occhio felino della luna al suo primo quarto spiava un cane che abbaiava lontano. Nel medesimo istante,mentre il vento del tramonto autunnale ricontava a terra le foglie che aveva prestato all’estate, il mio cervello, che non aveva mai tenuto a mente un solo verso, né uno mio né quello di qualcun’altro, sia pure di un grande poeta come Dante, mi scandì la quartina di Robert Frost che ho sempre considerato come una lirica perfetta :

Bello é il bosco, buio e profondo, ma io promesse da non tradire, miglia da fare prima di dormire, miglia da fare prima di dormire. “

 

” Arrivarono altri uomini che li allinearono sul selciato come giovani soldati morti, ma sul  loro mantello il profumo della foresta e della terra del bosco non si sentiva più: si erano portati dietro soltanto una lieve fragranza di resine, come l’odore del sangue di una mortale ferita; ma ben presto sarebbe svanita anche quella nell’aria satura di gas e di benzina e zolfo.”

 

“Dodici giorni dopo, i cassonetti dei rifiuti della città si sarebbero riempiti di centinaia di quelle secche spoglie, che fino al momento di quel blasfemo boato avevano sperato di potersi risvegliare nel vento della foresta dov’erano nati.”

 

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DA ” POESIE D’AMORE E VITA ” di Pablo Neruda

Adoro l’intensità, la forza, la purezza e la potenza delle parole di Neruda.

La natura é protagonista, l’istinto primordiale , vita, morte, amore potente pronunciato, urlato al mondo senza paura, dolore, gioia, carne, sangue, tempeste, mari calmi, tutto vibra, tutto scorre, tutto vive.

 

” Per il mio cuore basta il tuo petto,

per la tua libertà bastano le mie ali.

Dalla ma bocca arriverà fino al cielo

ciò che stava sopito sulla tua anima

 

E’ in te l’illusioe di ogni giorno.

Giungi come la rugiada sulle corolle.

Scavi l’orizzonte con la tua assenza.

Eternamente in fuga come l’onda.

 

Ho detto che cantavi nel vento

come i pini e come gli alberi maestri delle navi.

Come quelli sei alta  e taciturna.

E di colpo ti rattristi, come un viaggio.

 

Accogliente come una vecchia strada.

Ti popolano echi e voci nostalgiche.

Io mi sono svegliato e a volte migrano e fuggono

gli uccelli che dormivano nella tua anima

 

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” Bimba bruna e flessuosa, il sole che fa la frutta,

quello che riempie il grano, quello che piega le alghe,

ha fatto il tuo corpo allegro, i tuoi occhi luminosi

e la tua bocca che ha il sorriso dell’acqua.

 

Un sole nero e ansioso si attorciglia alle matasse

della tua nera chioma, quando allunghi le braccia.

Tu giochi con il sole come un ruscello

e lui ti lascia negli occhi due piccoli stagni scuri.

 

Bimba bruna e flessuosa, nulla mi avvicina a te.

Tutto da te mi allantona, come dal mezzogiorno.

Sei la delirante gioventù dell’ape,

l’ebrezza dell’onda, la forza della spiga.

 

Eppure il mio cuore cupo ti cerca,

e amo il tuo corpo allegro, la tua voce disinvolta e sottile.

Farfalla bruna dolce e definitiva

come il campo di grano e il sole, il papavero e l’acqua.”

 

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Quando le tue mani muovono,

amore, verso le mie,

cosa mi portano in volo?

Perché si sono fermate

sulla mia bocca, all’improvviso,

perché le riconosco

come se una volta, prima,

le avessi toccate,

come se prima di esistere

avessero già percorso

la mia fronte, la mia cintura?

 

 

La loro morbidezza giungeva

volando sul tempo,

sul mare, sul fumo,

sulla primavera,

e quando tu hai posato

le tue mani sul mio petto,

ho riconosciuto quelle ali

di colomba dorata,

ho riconosciuto quella creta

e quel colore di grano.

 

Per tutti gli anni della mia vita

ho vagato cercandole.

Ho salito scale,

ho attraversato scogliere,

mi hanno trascinato via treni,

le acque mi hanno riportato,

e nella pelle dell’uva

mi é sembrato di toccarti.

Il legno di colpo

mi ha portato il tuo contatto,

la mandorla mi annunciava

la tua morbidezza segreta,

finché si sono strette

le tue mani sul mio petto

e lì come due ali

hanno concluso il loro viaggio.

 

 

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 ”  Mi feci tante domande che andai a vivere sulla riva del mare e gettai in acqua le risposte per non litigare con nessuno. “
(Pablo Neruda)

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Io non ho detto loro di te
ma essi videro che ti lavavi nelle mie pupille
io non ho parlato loro di te
ma essi ti hanno letto nel mio inchiostro e nei miei fogli
L’amore ha un profumo
non possono non profumare i campi di pesco.
Nizar Qabbani

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MARE FRASE

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STASERA – GIUSEPPE UNGARETTI

Balaustrata di brezza
per appoggiare stasera
la mia malinconia

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 DA : L’ALTRO CAPO DEL FILO

ANDREA CAMILLERI

 

“Il commisario e il dottor Osman foro guidati al ponte di comanno mentri i dù polizziotti s’addiriggivano verso la puppa. Quando s’affacciaro dal ponti vittiro a ‘na massa ‘nformi, pirchì tutti si nni stavano ‘ncuponati sutta alle coperte termiche che avivano arricivuute a bordo. Si vidivano sulo occhi, sparluccicanti, sgriddati, attenti come a quelli dei cani che aspettano l’osso. Il commisario non ce la fici a reggiri a quella mitragliata di talate dispirate e abbasciò lo sguardo “

 

 

Chi nni pensi tu dell’Europa?” spiò al grancio che dallo scoglio allato o stava a taliare.

Il granchio non gli arrispunnì. ” Preferisci non compromittititi? Allura mi compromitto io. Io penso ch edoppo il granni sogno di ‘st’Europa unita,avemo fatto tutto il possibili e l’impossibil per distruggirinni le fondamenta stisse. Avemo mandato a catafottirisi la storia, l apolitica, l’economia ‘ncomuni. L’unica cosa che forsi restava ‘ntatta era l’idea di paci. Pirchì doppo avirinni ammazzati per secoli l’uni con l’autri non nni potivamo cchiù. Ma ora ce lo semu scordati, epperciò stiamo attrovanno la bella scusa di ‘sti migranti s’ammucciano i terroristi ‘nveci di diri che ‘sti povirazzi scappano proprio dai terroristi Il grancio che non voliva esprimeri la sò pinioni prifirì sciddricari nell’acqua e scompariri.”

 

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DA : SULLA TRACCIA DI NIVES

DI :  ERRI DE LUCA

Nives mi ha raccontato di una visione. Scalava di notte a lume della lampada frontale. In himalaya, spesso ci si muove col buio, partendo prima dell’alba dalla tenda. Nives si trovava già sopra i settemila metri, ha guardato in basso e le é sembrato di vedere le luci di una città. ” E quelle? Da dove spuntano? Non c’é nessun centro abitato là sotto.” Ci ha messo un pò di fiato e di sbirciate per accorgersi che erano stelle, più basse di lei sull’orizzonte. ” Stelle! Avevo sotto i piedi stelle a grappoli.”

Marina Cvetaeva, poeta russa, ha scritto : ” Solo in cima all’entusiasmo l’essere umano vede il mondo esattamente”. A Nives é arrivato quel colpo di entusiasmo quando ha visto le stelle in mezzo ai piedi. E la salita fu più leggera. Non sono speciali gli alpinisti, ma il loro ambiente sì. Non solo perché il vuoto fa il vuoto, e non c’é gente introno, ma perché le alte quote sono un posto in cui si é di passaggio, senza diritto di residenza. A quelle altezze non spunta desiderio di possedere, nessun istinto di proprietà dove comincia la zona di sopravvivenza. Salgo alle montagne per approfondire la mia estraneità, ribadire che sono precario e di passaggio. Dentro questa evidenza fisica mi procuro felicità improvvise come quella di Nives coi piedi tra le stelle.”

 

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DA:  IL CONTRARIO DI UNO

DI:  ERRI DE LUCA

 

 

Mamm’Emilia

In te sono stato albume, uovo, pesce,
le ere sconfinate della terra
ho attraversato nella tua placenta,
fuori di te sono contato a giorni.

In te sono passato da cellula a scheletro
un milione di volte mi sono ingrandito,
fuori di te l’accrescimento è stato immensamente meno.
Sono sgusciato dalla tua pienezza
senza lasciarti vuota perché il vuoto
l’ho portato con me.

Sono venuto nudo, mi hai coperto
così ho imparato nudità e pudore
il latte e la sua assenza.
Mi hai messo in bocca tutte le parole
a cucchiaini, tranne una: mamma.
Quella l’inventa il figlio sbattendo le due labbra
quella l’insegna il figlio.
Da te ho preso le voci del mio luogo,
le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri,
da te ho ascoltato il primo libro
dietro la febbre della scarlattina.
Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze,
a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco,
a finire le parole crociate, ti ho versato il vino
e ho macchiato la tavola,
non ti ho messo un nipote sulle gambe
non ti ho fatto bussare a una prigione
non ancora,
da te ho imparato il lutto e l’ora di finirlo,
a tuo padre somiglio, a tuo fratello,
non sono stato figlio.
Da te ho preso gli occhi chiari
Non il loro peso
a te ho nascosto tutto.
Ho promesso di bruciare il tuo corpo
di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco
fratello vulcano che ci orientava il sonno.
Ti spargerò nell’aria dopo l’acquazzone
all’ora dell’arcobaleno
che ti faceva spalancare gli occhi.

”  Non é guerra la nostra, né piccola, né grande, é scippo con destrezza di qualche ora di manifestazione. Non liberiamo territori, ci pigliamo soltanto la libertà di essere contro tutti i poteri costituiti”
” Da dove era spuntata quella generazione imperdonabile che ancora sconta il debito penale del suo millenovecento? Non lo sai, immagini piuttosto che in un sistema ondoso c’é un’onda più serrata e forte, che non si spiega con quella di prima né con quella di dopo. Perciò immagini che prima o poi le generazioni tornano.”
” Certo le mimose  si stavano arruffando di palline gialle, sudavano vaniglia.”
” Sì che amo l’inverno e febbraio noce di ghiaccio, amo le nevi quando il vento le stacca a fagottini dai rami degli abeti e le congiunge a neve con la bussata di un bacio, amo febbraio che rosicchia luce al sole, lo trattiene di più giorno su giorno, amo febbraio che risale l’orizzonte, amo il pettirosso che ha resistito senza migrare a sud, amo il mandorlo che apre il fiore bianco di pupilla e lo sparge sull’erba scolorita dalla brina, amo la vita che continua senza di me, amo l’onda che passa a scavalcarmi, amo, spingo sul verbo amare, buttami fuori dalla parte sporca, sono pronto, non ho urina né feci, sono peso sgocciolato, al nudo, al netto, scaricato di colpe. Morirsene, credo, non é una condanna, morire é essere assolti. Con tutta l’ira della febbre io amo, amo il cuscino zuppo del mio odore, amo la zanzariera ch eimbozzola il mio corpo di larva, amo, amo.”
” In segreto portava un poco di quei fogli dentro la scuola a suo puro rischio, senza nessuna speranza do coinvolgere. E aveva dubbi se era rivoluzionaria? Il grado di rottura dentro l’ordine sociale di allora non era misurato su persone pronte a partire per un fronte, ma da  cittadini come lei che si mettevano a sabotare poteri nei posti più strani e difficili. Il grado di febbre di quell’Italia non era dato dai surriscaldati, ma dal polso dei miti, dei pacifici
ch e collaboravano alle rivolte. Quando azzardano le educande, un paese é prossimo all’incandescenza. “
” La sua gonna era il blu che circonda la lampara nella pesca notturna al calamaro, al totano. Era il blu che avvolge la luce e l’accompagna mentre affonda in mare.”
” Quassù siamo ospiti dell’aria e dei suoi naviganti. Ogni colpo d’ala ha più diritto ed eleganza del più esperto passo. Bisogna portare qualcosa in omaggio alle ali nere, anche un avanzo di cibo. Oggi il capomastro ha caricato il blu dentro la mescola, é così fitto da spicciare lacrime.”
” E a me sembra che l’ordine pubblico sia quello dell’improvvisa insurrezione di gente che non si conosce, non sa perché portiamo la guerra in casa , ma decide al volo e a maggioranza che noi abbiamo ragione e le truppe torto. Quella gente fa il suo ordine pubblico mettendosi cn la meglio zoventù e facendola felice. Perché felicità per noi é stato un quartiere insoro all’improvviso a fianco e intorno.”
” La vita che da me svaporava distratta, profumata, mi fu rimessa dentro a cucchiaini, più mia di prima, immeritata, spesa.”
” Che ti ami non basta ad arrivare al giorno dopo, e che tu l’ami: grazie, lei é la festa, la fortuna, il tuo posto, tu sei il dente estratto da mascella che ritrova il punto di partenza nel cavo del suo abbraccio”
” Ehi tu ragazza dimmi se sai
cosa può nascere anche senz’acqua,
cosa può ardere senza esitazione,
e soffre e piange senza le lacrime.
Sciocco ragazzo, cosa mi chiedi?
Senz’acqua crescere potrà una pietra,
senza estinzione brucia l’amore
e senza lacrime soffre e piange un cuore.”
( canzone polpolare Yiddish )
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DA:  GIORNI DI LUGLIO
DI :   HERMANN HESSE
“Agosto 2016 – Rileggo questo autore, a me caro nel periodo scolastico. Ed ora capisco perché e chi mi ha ispirato. Il moto dell’animo, così unito ai moti della natura, il temporale é l’animo di Paul, l’animo di Paul é il temporale. L’uno dentro l’altro. Ed é così per me, sempre, anche ora, in età adulta, in età “matura”. I miei moti interiori mai si spengono, mai si spegneranno. “
” L’altro albero, che un prato delimitato da un basso steccato separava dal salice, era un possente faggio rosso. Sembrava, di lontano, marrone scuro, quasi nero. Tuttavia, a chi si avvicinasse o si mettesse ad osservarlo da sotto in su, tutte le foglie dei rami esterni parevano ardere, trafitte dai raggi del sole, in una quieta vampa purpurea, simile all’effetto solenne di brace rovente che infiamma talora le vetrate delle chiese. Esso poteva assumere gli aspetti più diversi, secondo la stagione e l’ora del giorno. Spesso sembrava un essere conscio della propria bellezza, quasi sapesse che non senza motivospiccava solitario e orgoglioso, distante dagli altri alberi.”
” L’afa regnava sulla radura, alto e stridulo era il canto dei grilli, più dolce e sommesso quello degli uccelli nel boschetto. Che cosa stupenda guardare il cielo incandescente stando sdraiato in quest’angolo remoto tutto pervaso di profumi e suoni e bagliori di lci, o tendere l’oreccio al fruscio degli alberi scuri dietro le spalle, stirarsi gli occhi chiusi e avvertire in tutto il corpo quel senso di caldo, profondo benessere.”
” Era un peccato che nessuno potesse vederlo, perché il suo sorriso avva il dono della naturalezza. Nasceva più dagli occhi che dalle labbra, e tutto il suo viso, la fronte, le guance splendevano di luce interiore, assumendoun’aria di amore e comprensione profondi.”
” Paul aspettava curioso di vedere se sarebbe riuscito a smuovere quella giovane donna elegante dalla calma indolente, a provocarle una reazione appassionata oppure uno scoppio di risa. Ma ella non lo guardava. Era coricata immobile, il viso rivolto verso l’alto, una mano sulla poltrona, l’altra a siorare il terreno. Il collo e il volto candidi brillavano di luce opaca sullo sfondo degli alberi neri.”
” Vicino a Paul, sulla panca, era posata la mano di Thusnelde, una lunga e sottile mano di donna dalle dita esili, le unghie finemente curte, color madreperla. Paul posò gli occhi su quella mano. Essa spuntava da una larga manica grigio chiara, candida come il braccio che il polso lasciava intravedere e appen apiegata verso l’esterno, perfettamente immobile, come se fosse stanca. ….
Paul aveva avvicinato adagio la mano sinistra, con la cauta circospezione di un criminale, a quella della signorina, lasciandovela poi strettamente accostata. Non sapeva perché lo facesse. La cosa accadeva contro la sua volontà, e ne fu così turbato che si sentì avvampare di calore e la fronte si imperlò di goccioline…..Paul aveva l’impressione di sentire il battito del suo cuore. Avrebbe voluto alzarsi di scatto e dire qualcosa di allegro o di stupdo, oppure correre via. Ma rimase seduto, non spostò la sua mano e si sentì come se piano piano gli venisse a mancare l’aria, fino a soffocare. Tuttavia era bello, dolorosamente, malinconicamente, bello.”
” Stette in ascolto, immobile, seduto, e mentre era ancora assorto in quella musica le prime, pesanti gocce di pioggia caddero lentamente sull’acqua dello stagno. Lo colpirono alle mani e al volto, ma egli non le avvertì. Sentiva soltanto che, intorno a sé o dentro di sé, qualcosa incalzava, ribolliva, cresceva di tensione, addensandosi e dilatandosi come alla ricerca di una via d’uscita. In quel preciso istante fu sorpreso e sbigottito da una certezza. Amava Thusnelde. E che lei era adulta, una vera donna, lui invece soltanto un liceale e ch e l’indomani sarebbe partita. “
” Lontano, oltre le colline, prossimo ormaial velo nero dell’orizzonte, riluceva sottile come il controno di un’isola un lembo di cielo umido e puro, abitato da un’unica, pallida stella. Il ragazzo guarò fuori dalla finestra, m anon vide né quel lembo né quell’astro, vide soltanto un ondeggiare opaco e sentì intorno a sé brezze fredde e pure, udì voci profonde, mai udite prima, mugghiare come lontani temporali e respirò l’aria dolce di un’altro mondo. Chino sul davanzale, guardava senza nulla vedere, simile a un cieco: davanti a lui, incerta e sconfinate, si stendeva la terra della vita e delle passioni, fremente di lampi e tempeste, adombrata da nembi scuri e densi.”
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DA ” IN GIARDINO”
DI : HERMANN HESSE
” Questo scorcio dalla mia camera, queste terrazze, i cespugli e gli alberi fanno parte di me e della mia vita ancor più delle stanze e degli oggetti, sono le mie vere amicizie, i miei parenti più prossimi; io vivo con loro, stanno dalla mia parte, mi posso fidare di loro. E quando getto uno sguardo su questo giardino, esso non mi da solo quello che dà allo sguardo, rapito o indifferente, di qualsiasi estraneo, ma infinitamente di più, perché questo quadro mi é familiare da anni e anni, mi é noto a ogni ora del giorno e della notte, in ogni stagione e condizione atmosferica; conosco il fogliame di ogni albero, così come i suoi fiori e i suoi frutti, in ogni stadio del divenire e del morire, ognuno di essi é mio amico, di ognuno io solo so i segreti. Perdere uno di questi alberi per me significa perdere un amico.”
” Il ramo in fiore”
Sempre di tanto in tanto
s’agita al vento il ramo in fiore,
sempre su e giù
simile a un bimbo s’agita il mio cuore:
fra giorni chiari e scuri,
fra volontà e rinuncia.
Finché sono dispersi i fiori
e il ramo si carica di frutti,
finché d’infanzia sovrabbonda il cuore
e raggiunge la pace
persuaso: colmo di gioia e non vano
era l’inquieto gioco della vita.”
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DA: ALZAIA
DI:  ERRI DE LUCA
” Agosto 2016 –  Brevi ed intense descrizioni personali, passionali, dirette, eficaci, commoventi, divertenti, indispensabili, chiarificatrici, frecce che vanno a bersaglio, non quello circolare, quello a forma di cuore. Come l’alzaia tira a riva le chiatte controcorrente, così Erri tira a sé cuori indecisi e menti stolte.”
ARTISTI
Georg Buchner, autore tedesco, descrisse una strana impressione e un pensiero forse osceno: ” Mentre ieri risalivo la valle vidi due fanciulle sedute su una pietra: l’una stava annodandosi i capelli, l’altra l’aiutava; e i capelli d’oro le scendevano giù; quel serio pallido viso pur così giovane, quell’abito nero; e quell’altra che l’accudiva con tanta premura […]. Qualche volta si vorrebbe essere un volto di Medusa per poter mutare in sasso un simile gruppo e far accorrere gente”. Ma l’idea di arte é stata imbalsamatoria, intesa a raggelare la vita per poterla ammirare sottovetro, sterilizzata dal movimento estetico, un’oggetto d’ispirazione. E’ qui dichiarata, per allucinazione, subordinata all’arte. E’ l’avvento moderno che toglie la vita dalla soggezzione a Dio e la consegna a un’infinità di idoli. Forse é un nevo del Romanticismo esaltare e infilzare l’attimo, fermarne la bellezza pieno volo, come uno spillo la farfalla. Quanto più bello e saggio il pensiero e l’atto forsennato di Michelangelo davanti al suo Mosé pieno ditorsioni e di vita pronta ad esplodere. La martellata sul ginocchio di marmo, il “perché non parli ?” fanno fare all’arte il viaggi oinverso, estraggono vita perpetua da forme imprigionate. E tutti noi al colpo di martello dell’artista abbiamo risentito per reazione un certo contraccolpo all’altezza della rotula. “
DISTANZE
” Nell’arte del Kendo la distanza tra gli avversari ha un’importanza decisiva e anche nel Karate c’é una sottile divisione tra il proprio spazio e quello dell’avversario ” Così scriveva Yukio Mishima nella sua “Introduzione alla filosofia dell’azione” pochi mesi prima di suicidarsi. Aggiungeva ” intuire l’istante in ci termina il prorpio spazio e inizia quello dell’avversario ha un’importanza vitale” L’esercizio della lotta, più dell’amore, addestra a conoscere le distanze e a rispettarle. Più dell’amore che a volte usa verbi di zuffa, la lotta insegna che ogni avvicininamento é violazione di uno spazio altrui. Non é vero ceh l’aria é di tutti. Ognuno si muove in una piccola colonna d’aria intorno. E’ elastica, a volte si riduce a niente com ein un autubis in un ora di punta, come in una cella dei nostri penitenziari, ma nessuno vorrebbe rinunciarvi del tutto. Il confine di ognuno di noi non é solamente il perimetro del corpo ma anche un pò di aria intorno. C’é un’altra distanza da custodire: quella tra sé e il cielo che il credente vuol ridurre con il “yu” dei riti e delle preghiere. Dio é un luogo, uno dei suoi nomi in ebraico é appunto Makom ( luogo): può dunque essere raggiunto o raggiunere. Per imparare a conoscere lo spazio tra creatura e creatore la lotta non basta più- Ci vuole un’arte verticale, si chiam areligione ed é governata dall’amore.”
“DONI”

” Il dono é un gentile atto di presunzione. Invade lo spazio altrui con la pretesa: sono tuo. Che sia utile o no, esige ch eun si occupi di lui. Ci sono persone ch enon sanno ricevere un dono, tra queste anch’io. Il mio grazie é anemico, meccanico. Mi piace però il gesto di porgere il regalo, il moto di premura, bello come quello di restare in ascolto di una persona. Di mio preferisco regalare il vino, che é un modo di essere ricordato brevemente, a sorsi. Non m ela sento di fare il pedante rimprovero al Natale ridotto a merci in faccia. Ho smesso di occuparmene da quando la morte di mio padre  é stata ” un rompere le righe ” Però fu bello pe run bambino di Napoli avere in casa per un mese un legno resinoso che dava allegria di boschi. L’abete sacrificale abbattuto sui monti e addobbato a palline era la natura scesa a renderci migliori col suo odore di cieli aperti e nevi. Gesù bambino era un legno tagliato e venduto per strada.

In fine per la scrittura é un dono, che mi faccioa prezzi modici. Che possa esserlo anche per lo sconosciuto che legge, resta per me uan sorpresa, mai potrò abituarmi. E’ uno di quegli scambi, incontri di fortuna, improvvisati, a distanza, come versare vino in un bicchiere lontano.”

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DA:  “ANNA” DI NICCOLO’ AMMANITI

 

” Tutti sulla nave fissavano il mare blu scuro. Non sapevano che la loro nave galleggiava come un tappo di sughero su una fossa così profonda, ma così profonda, che se getti una pietra tocca il giorno dopo “.

 

“Lo assaggiò.Era così dolce che faceva arricciare le dita dei piedi. Certe cose dei grandi non le capiva. Perché lo chiamavano amaro se era dolce? Continuò a bere finché sentì le palpebre farsi pesanti. Fuori dalla finestra milioni di stelle sporcavano il cielo come schizzi di vernici bianca e le cicale cantavano. Non le aveva mai viste le cicale, ma per fare tutto quel rumore dovevano essere belle grosse.”

 

” Oltre le sbarre arruginite, oltre le sagome nere degli alberi, si allargava l’immensià bruciata e muta della pianura”

” Il giorno liberò nel cielo azzurro una mandria di nuvolette bianche”.

” Aveva tirato un pugno allo specchio del bagno, ferendosi le nocche, e si era avvolta sanguinante nelle tende. Le labbra spalancate risucchiavano la stoffa sottile. La bottiglia di gin. Il pianto senza più lacrime e i singhiozzi ruvidi come carta vetrata. L’odore terroso del muschio. Foglie che fremevano al ritmo del suo respiro. Il vestito viola della mamma. Il resto era sofferenza che colmava e traboccava come acqua da un vaso pieno.”

” Dopo la morte dei suoi genitori era precipitata in una solitudine così sconfinata e ottusa da lasciarla idiota per mesi, ma nemmeno una volta, nemmeno per un secondo l’idea di farla finita l’aveva sfiorata, perché avvertiva che la vita é più forte di tutto. La vita non ci appartiene, ci attraversa. La sua vita era la medesima che spinge uno scarafaggio a zoppicare su due zampe quando é stato calpestato, la stessa che fa fuggire una serpe sotto i colpi della zappa tirandosi dietro le budella. Anna, nella sua inconsapevolezza, intuiva che tutti gli esseri di questo pianeta, dalle lumache alle rondini, uomini compresi, devono vivere. Questo é il nostro compito, questo é stato scritto nella nostra carne. Bisogna andare avanti, senza guardarsi indietro, perché l’energia che ci pervade non possiamo controllarla, e anche disperati, menomati, ciechi continuiamo a nustrirci, a dormire, a nuotare contrastando il gorgo che ci tira giù. Eppure, lì nella cava, quella certezza vacillò. Ebbe la sensazione che il cuore le si seccasse nel petto come fiore in una fornace, mentre il sangue che le riempiva le vene si riduceva in polvere.”

” Quando sei assetata non sperare che piova. Ragiona e cerca una soluzione. Chiediti: dove posso procurarmi dell’ acqua potabile? E’ inutile sperare di trovare una bottiglia in un deserto. Le speranze lasciale ai disperati. Esistono le domande ed esistono  le risposte. Gli esseri umani sono capaci di trasfomare un problema in una soluzione”

 

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DA: IL LAGO DEI SOGNI

DI: SALVATORE NIFFOI

Di questo autore amo le rudi e forti parole della sua terra. Quel modo diretto e quasi macabro di descrivere le situazioni. Ti accompagna in mondi arcaici, verso modi di vivere così lontano dai nostri, che i nostri antenati hanno vissuto e noi…ora…ce ne siamo dimenticati.

Mi aiuta  aricordare quel mondo antico che h afatto parte di noi….che per poco tempo ho vissuto…in campagna dai nonni a raccogliere frutta e camminare scalza nell’aia, sotto il salice piangente.

Quella libertà e a volt ecrudeltà delle cose semplici della vita che a noi manca.  E così, quando ho nostaglia , corro da Salvatore o Niccolò o Camilleri o Erri e so di trovare quello che cerco.

 

“La volta che Itria Panedda Nilis riprese a sognare era un pomeriggio rovente di fine estate, con un sole che abbruschiava la pelle e spaccava le pietre. Non faceva a guardarlo, quel sole, giallo come un pane zafferano di carnevale, con ciglia insanguinate e tremolanti. Sembrava un cristiano al quale avevano appena strappato gli occhi. Itria se ne era uscita di casa per sottrarsi all’abbraccio soffocante delle mura e isventiare un poco. Un sudore asprogno e mandorlato le colava da ogni gora del corpo, con piccoli rivoli che spavoravano sulle maniche della blusa e sui grossi elastici delle calze nere arrotolate sopra il ginocchio.”

” Era femmina di poca cultura e di sentimenti forti, Itriedda. Le parole dei giornali e della radio per lei valevano quanto le nuvole gonfie di pioggia di un temporale agostano, venivano, scaricavano e se ne andavano. ”

” Visto da lassù, il lago di Locorio era una lastra sottile di prata che lanciava reverberi collosi verso un cielo sfondato dalla luce. Il volo basso e ondulato di un’upupa disegnava nell’aria un’antica cantilena.”

” Antioca Benzina aveva lineamenti duri e spigolosi che facevano a pugni con la finta bontà dei suoi occhi ambrati ed orlati di verde come le ghiande mature.”

” Fino a quell’incontro miracoloso con Itria Panedda Nilis, Martine era stato un uomo malvisto dal destino. La sua esistenza era segnata da una tristura che lo aveva avvicinato molte volte alla quercia più grande del suo tancato, con la fune dentro la tascheda e cattivi pensieri nella tsta. Se non fosse stato per la speranza di tornare a sognare, prima di quel giorno si sarebbe già impiccato mille e una volta.”

” A Malagravida, nelle notti d’Estate, il lamento dei gatti raschia il legno dei portali e sale così in alto da squartare la polpa del cielo. I gatti da noi sono considerati i padroni del tempo e nascondono dietro il elo cangiante degli occhi il mistero della vita.”

” L’aria era pura e sapeva di muschio fresco strappato ai tronchi e alla roccia. La luna apparve in cima al santuario di monte Tumbacanes e , come un’immensa lampadina, iniziò a ciondolare lentamente sopra il lago.”

” Itria Panedda Nilis non nascose la gravidanza. Anzi la esibì come un trofeo, come una pandela, perché voleva sfidare le malelingue e la mediocrità farisea della gentina di Malagravida.”

” A Malagravida, quando grandina a vento, i tuoni rimobombano tra le montagne e la terra trema di paura. A Malagravida i sogni non si erano persi. Si erano solo nascosti nella pancia di Itria Panedda Nilis, per esplodere tutti insieme in quella creatura che sembrava il figlio della Madonna della Melagrana. Martine lo chiamò. Aveva carnagione d’avorio trasparente e occhi berillo indiano. Era stato concepito sopra un leto di felci e foglie di mirto, sotto una lastra di cielo azzurro, fuori dal tempo e dallo spazio” b

 

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“Ce metti una vita intera per piacerti, e poi, arrivi alla fine e te rendi conto che te piaci. Che te piaci perché sei tu, e perché per piacerti c’hai messo na vita intera: la tua.
Ce metti una vita intera per accorgerti che a chi dovevi piacè, sei piaciuta e a chi no, mejo così. Ce metti na vita per contà i difetti e riderce sopra, perché so belli, perché so i tuoi. Perché senza tutti quei difetti, e chi saresti? Nessuno.”
Anna Magnani
LO SCRIGNO DELLE PAROLE PREZIOSEultima modifica: 2015-04-18T17:56:08+02:00da cigno39