Feb 11, 2015 - opinioni    Commenti disabilitati su Basso Continuo di Renzo Cigoi – Per non dimenticare

Basso Continuo di Renzo Cigoi – Per non dimenticare

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BASSO CONTINUO”  DI RENZO CIGOI

<<Renzo Cigoi, poeta e narratore, vincitore di prestigiosi premi di narrativa e di poesia italiani, è stato finalista al Premio Calvino con il suo romanzo inedito Biblion. Sue poesie e racconti sono stati tradotti e pubblicati in sloveno, romeno, russo e francese.

 

Basso continuo e altri racconti di Renzo Cigoi (Edizioni Opposto, Roma. € 14,00) www.opposto.net >>

Commento di Federica Bignardi

http://www.leggeretutti.net/site/basso-continuo/

Intervista con Renzo Cigoi

http://www.gliamantideilibri.it/archives/30423

 

 

PER NON DIMENTICARE QUEI GIORNI

 

PER RICORDARE CHI NON C’E’ PIU’

 

PER TRARRE INSEGNAMENTO DA CHI E’ SOPRAVISSUTO E NON SI LAMENTA MAI DI QUELLO CHE HA PERCHE’ HA PROVATO SU SE STESSO LA FAME E LA MISERIA

 

A VOI  LASCIO LE MIE IMPRESSIONI ACCORATE E SPONTANEE SCATURITE DOPO UNA LETTURA INTENSA E COMMOVENTE

 

 

 

 

Cara Olga, oggi 17 ore 7 fucilati innocenti.

La mia salma si trova di qua dal fiume della scuola dove sta Albegno.

Tu puoi prendere la mia salma anche a Mezzogiorno di oggi.

                                                 

                                                                          Vittorio Tassi “

 

Così esordisce il racconto “ I Perdenti “  di Renzo Cigoi, così leggono i miei occhi , così la mia mente rimane immobile, così il mio cuore si ferma per un attimo. Rileggo incredula.

Ciò che colpisce è la semplicità della morte, un evento scontato, un biglietto sgualcito nelle  mani di una donna che ritira il corpo del marito come un pacco postale. Il “cara” a sottolineare un legame affettivo che sarà interrotto da lì a poco. 7 Innocenti muoiono oggi, la guerra se li porta via come foglie secche sul fiume della Patria, della Nazione, della Vittoria. Rigagnoli rosso sangue ridono di giovani invaghiti dall’ideale, spronati dalla sete di Gloria, annebbiati dall’oppio dell’ipocrisia aristocratica. Si beffano di uomini maturi che imbracciano un fucile, camminano nel fango e ogni tanto sentono “ Splash! Splash! I corpi dei propri compagni cadere nel fiume” …”Era come essere in un macello asiatico dove gli animali appena scannati respiravano ancora…”  . Crude immagini di “ Basso Continuo” immortalano disperate carcasse umane mandate a morire come mosche sullo sterco ancora caldo della Russia lontana, senza motivazione, senza ordini precisi, senza ideologia. Triestini, sloveni, ucraini uniti dall’ “unico desidero sincero  di appoggiare quella rivoluzione perché era fatta di gente che moriva di fame e non aveva ancora maturato nessuna chiara presa di coscienza ideologica : chi aveva mai sentito parlare di Lenin o Marx!”  L’assurda, inconcepibile miseria dell’uomo che esorcizza la morte con la guerra come facevano gli antichi con i sacrifici umani agli dei per allontanare questa inevitabile ed invincibile paura.  Per respirare questo fetore bisogna attraversare le “grise”: tra lame di roccia tagliente come coltelli, si cammina sopra un cimitero, distesa di tombe al cielo aperto, esposte come in un museo della morte, dove ci sono tutte le facce di coloro che sono morti qui lungo i secoli: tratti e profili di ogni etnia e popoli del pianeta scolpiti dal vento e dalla pioggia…sono le voragini delle foibe: fosse comuni senza lapidi né nomi…”

Sento le ossa scricchiolare sotto di me, sento il rumore del dolore mescolarsi a quello del vento freddo. La montagna della morte grida silenziosa contro un cielo azzurro e lo maledice per la sua bellezza. Può l’uomo concepire una tale distruzione? Può l’uomo distruggere se stesso e i suoi simili con tale semplicità ? Sì, può. Racconti snocciolati davanti ad un bicchierino, tra fumo di sigaro ed una mano di carte.  Visi scolpiti nella pietra della dura verità.

Divise malconce impiastricciate di brodaglia penzolano dai rami sempreverdi dell’idiozia umana. Avventori, turisti,, passanti osservano distratti massi grigiastri di solitudine e disperazione. Un uomo solo si ferma immobile e guarda un crepaccio, il ricordo di quel giorno lo attanaglia: “ In quel momento mi sono sentito invadere da una fredda angoscia, avevo capito che quella era una madre che aveva supplicato per la vita dei figli mentre l’umanità che le stava intorno era improvvisamente ritornata prigioniera delle antiche epoche oscure.”

Il Carso ingoia tutto, corpi, ricordi, rimorsi e nostalgie. E’ là e ci rammenta che “ i ricordi sono fatali ed è legittimo pensare che nessuno, dopo aver lacerato con la memoria il proprio Sé possa illudersi di sperare nel paradiso “La semplicità delle espressioni contrasta con una sana consapevole filosofia di pensiero, purezze di idee raccontante da personaggi semplici, comuni, a volte rozzi che attraversano le pagine di questa preziosa raccolta di memorie. Struggenti descrizioni della natura addolciscono i tratti crudi e violenti della narrazione, quasi a scusarsi, quasi a compensare il dolore di certe parole, di certe immagini inquietanti, nubi soffici e legno caldo, note delicate tra fiumi di porpora: “ Fuori, sul limitare del bosco di querce, tra i rami spogli degli alberi contro un cielo di pesca sanguigna, l’occhio felino della luna al suo primo quarto spiava un cane che abbaiava lontano…”.Sono piccoli quadretti appesi ai muri della malinconia e all’amore verso la natura violenta di quei luoghi. La pietà non esiste e lo scrittore lo sa e ce lo ricorda con il racconto a me più caro. “” Favola”. Una stupenda metafora dell’olocausto e dei genocidi in genere. I corpi dei piccoli abeti nella macchia boscosa vengono trucidati brutalmente da asce affilate. Ciuffi verdi e sorridenti strappati violentemente dalla madre Terra come radici secche. Forti tronchi estirpati frettolosamente vanno a riempire camion carichi di rami, aghi, creature morenti accatastate una ad una in una specie di bara comune”…solo una lieve fragranza di resina come l’odore del sangue di una mortale ferita…” restituiva loro un minimo di dignità. L’ultimo atto prima di venire impalati in piazze adornate a festa, prima di essere rinchiusi in case calde e soffocanti per il sorriso prepotente di bambini capricciosi e l’aria compiaciuta di padri indifferenti al valore di questi nobili esseri eterni.

Al cadere dei primi aghi, un viaggio verso il cassonetto, l’odore disgustoso delle immondizie ricopre definitivamente l’aroma essiccato. Rami a bruciare nei camini, mentre il fumo sale e fiocchi biancastri dipingono il cielo. Tu piccolo abete volevi risvegliarti sereno nella tua foresta ed invece vaghi senza meta trasportato via dal vento della violenza umana.

 

 

Federica Bignardi

 

 

 

 

 

Basso Continuo di Renzo Cigoi – Per non dimenticareultima modifica: 2015-02-11T18:10:44+01:00da cigno39
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